L'ultimo decreto salva-Ilva non mette d’accordo proprio nessuno. Per la Fim Cisl bisogna legare parte degli investimenti ad un crono programma con interventi e tempi certi che anticipi la prevista fermata dell’altoforno uno. “Arrivarci con un programma già stabilito a monte - afferma il segretario nazionale della Fim, Valerio D’Alò in audizione in Senato - avrebbe un effetto sicuramente diverso. Inoltre vincolare i finanziamenti anche agli investimenti per rilanciare la produzione è necessario per minimizzare l’utilizzo della cassa integrazione e favorire il rientro dei lavoratori”. La Fim chiede anche che la nuova governance con il passaggio del controllo al socio pubblico non si determini per il 2024, come attualmente previsto, ma prima.
Sulla stessa linea anche Gianni Venturi della Fiom Cgil: “Il Dl non risolve il problema, per noi resta la necessità di anticipare il cambio di governance. Torniamo a ribadire come il 2024 possa rivelarsi un posticipo fatale per il gruppo siderurgico e per i lavoratori coinvolti”. Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm “l’attuale situazione dell’ex Ilva è drammatica. A questo punto l’unica soluzione, per evitare l’ulteriore sperpero di denaro pubblico e un disastro ambientale e occupazionale ingestibile, è quella di vincolare i 750 milioni al contestuale cambio di maggioranza e quindi della governance. In alternativa, lo Stato si riappropri del bene strategico per evidenti inadempienze contrattuali”. Il passo successivo sarebbe la vendita a un gruppo italiano in grado di gestire gli stabilimenti dell’ex Ilva e il passaggio alla produzione di acciaio green. Non escludendo, infine, una partecipazione simbolica dello Stato stesso nella nuova società, a garanzia dei livelli occupazionali e del risanamento ambientale.
Secondo poi l’ad di Acciaierie di Italia (ex Ilva), Lucia Morselli l’ipotesi di amministrazione straordinaria così come prevista dal decreto che vara misure per impianti di interesse strategico nazionale “infrange qualche articolo della Costituzione”. “Abbiamo chiesto qualche parere, che poi è stato anche pubblicato, al professor Sabino Cassese le cui conclusioni sono che questo articolo infrange qualche articolo della costituzione: il principio di uguaglianza, perché chiaramente introduce una norma che si applica solo alle società che hanno una partecipazione pubblica e non a tutte le società; il principio di libertà dell’iniziativa economica privata, addirittura con un esproprio privo di indennizzo rispetto ad un’eventuale socio privato; poi infrange anche una norma del diritto europeo: l’articolo 49 del trattato di funzionamento dell’Unione europea, l’articolo di protezione degli investimenti che vengono fatti da operatori europei in Europa. Quindi - dice l’ad di Acciaierie d’Italia - ci sembra particolarmente complessa la formulazione di questo articolo: è, soprattutto per l’opinione che ci ha dato il professor Cassese, di seria incostituzionalità”.
Tante le questioni aperte che dovranno trovare la quadra. Intanto Acciaierie d’Italia fa sapere che, dopo la richiesta avanzata da Fim, Fiom e Uilm, incontrerà le organizzazioni sindacali il 30 gennaio a Roma, presso la sede di Confindustria.
Sara Martano