La pelletteria è in forte espansione a livello mondiale e si prevede continuerà a crescere ad un ritmo del 6,5% annuo. L’Italia rappresenta il primo Paese in Europa per addetti e il saldo commerciale della filiera è il più alto tra i principali settori manufatturieri. La struttura del settore tradizionalmente molto frammentata è oggi in trasformazione, un cambiamento necessario per far fronte alle maggiori sfide di innovazione e sostenibilità. Ne abbiamo parlato con il direttore di Assopellettieri, Danny D’Alessandro.
Direttore, dagli studi di Confindustria Moda emerge che per i prossimi cinque anni il settore avrà bisogno altri 15-20 mila addetti, come si è arrivati a questa cifra?
Complessivamente oggi nel sistema della moda sono impiegati circa 400mila lavoratori; nel sistema della pelle che vale sui 100 miliardi di fatturato, il 13% in termini di valore, ne sono impiegati circa 44mila, di questi nell’arco del prossimo quinquennio ce ne sarà una parte considerevole circa 8mila che usciranno per pensionamento. A questa sofferenza si aggiunge quella già esistente, perché oggi i lavoratori che occupiamo non sono sufficienti a rispondere alla domanda. Le nostre analisi ci portano dunque a dire che mancheranno 15-20 mila lavoratori nell’arco del prossimo quinquennio.
Quali strategie pensate di mettere in campo per attrarre giovani lavoratori?
Questo è il tema principale, cioè come fare ad attrarre la nuova forza lavoro. Chiaramente dal nostro punto di vista è necessario creare una sinergia a livello di istituzioni tecniche, quindi di scuole che siano in grado di formare i lavoratori del nuovo millennio. In questo contesto è fondamentale anche l’orientamento, ossia far comprendere ai ragazzi che il lavoro tecnico non è più di serie B ma una forma importante di occupazione che ha fatto storicamente il successo del nostro Paese a vocazione manifatturiera. Relativamente alla pelletteria dobbiamo spiegare ai ragazzi e alle famiglie che oggi nelle fabbriche di pelletteria non c'è più Charlie Chaplin con il grasso fino ai gomiti. Le nostre aziende assomigliano più ad una farmacia se proprio vogliamo trovare un termine di paragone. É un mestiere altamente e tecnicamente qualificato perché si lavora con una nuova strumentazione informatica e in alcuni casi anche con l’intelligenza artificiale. Non è infrequente, infatti, trovare nelle nostre aziende stampanti 3 D per la realizzazione dei campioni. Inoltre il lavoro è stabile e ben retribuito.
Oggi l’innovazione rimane una leva indispensabile per ridisegnare i processi produttivi e rispondere pienamente alle necessità di sostenibilità. Le imprese che associate come si stanno organizzando in tal senso?
Purtroppo sulla lavorazione della pelle c’è ancora una visione antica e distorta, perché la pelle è il materiale sostanzialmente più sostenibile in circolazione, è il primo materiale riciclato della storia ed è lo scarto di un’altra industria, quella alimentare. Se non ci fosse un’industria della pelle ci sarebbe un grosso problema di smaltimento rifiuti. Le industrie moderne seguono rigide regole che arrivano soprattutto dai sistemi comunitari quindi parlare oggi di industrie inquinanti è un po’ una concezione datata.
Recentemente a Firenze avete riunito gli Stati Generali della pelletteria Italiana. In quell’occasione avete condiviso delle strategie da mettere in campo per il futuro? Quali?
Gli Stati Generali della pelletteria sono un momento essenziale per rappresentare l’importanza di questo settore. In quell’occasione abbiamo pubblicato un manifesto delle emergenze e urgenze del nostro settore che nella fattispecie sono sostanzialmente tre: sostenibilità, formazione e internazionalizzazione. Ad oggi la sostenibilità delle aziende rappresenta ancora un plus, cioè le aziende più sostenibili hanno una marcia in più anche nei confronti dei consumatori e a breve le aziende che non saranno sostenibili saranno fuori dal mercato. Lo scopo dell’associazione è far passare questo messaggio ma anche creare servizi per consentire alle aziende di essere sostenibili. Per quanto riguarda la formazione il nostro scopo è creare un sistema nazionale che metta in rete gli istituti già esistenti sul territorio insieme ad altre iniziative come ad esempio una scuola professionale sul territorio toscano, oltre ovviamente all’orientamento: andare nelle scuole a parlare con i ragazzi con i mezzi dei ragazzi. A tal proposito stiamo realizzando un video con la realtà virtuale su cosa significhi la vita in azienda. In ultimo il capitolo internazionalizzazione visto che i dati della pelletteria parlano chiaro: 13 miliardi di fatturato, 87% di export. Il nostro è un paese a vocazione manifatturiera ma è anche un paese che esporta la stragrande maggioranza di ciò che viene prodotto. Questo vuol dire che, sia per le nostre pmi, cioè le aziende a marchio proprio, sia per le pelletterie che lavorano e producono per conto terzi, c’è la necessità di farsi conoscere dal consumatore e da altri brand che possono essere interessati alla produzione.
Direttore, presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy è istituito il Tavolo della Moda. Quali sono le istanze che portate avanti per sostenere il settore?
In realtà oggi le grandi decisioni sul tema della moda si prendono a Bruxelles e il tavolo della moda deve tenere conto di quelle indicazioni. Ovviamente noi siamo al fianco del ministro Urso per tutto ciò che possa essere di supporto all’assunzione di decisioni importanti che riguardino gli aspetti principali su cui il nostro Paese è chiamato a confrontarsi come ad esempio la responsabilità estesa del produttore e lo smaltimento dei rifiuti. Oltre a questi un tema a noi molto a cuore è il credito d’imposta per ricerca e sviluppo che è stato concesso solo nel periodo 2018-2021 e poi eliminato. Ecco se vogliamo dare slancio e supporto alle nostre aziende di pelletteria servono anche questi sostegni.
Sara Martano