Giovedì 25 aprile 2024, ore 19:04

Vertenze

Sciopero alla ex Ilva di Taranto: servono impegni seri

Sciopero di 24 ore per i dipendenti dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, di Ilva in Amministrazione straordinaria e dell’appalto. A proclamarlo il consiglio di fabbrica Fim, Fiom, Uilm e Usb. I sindacati invitano il governo e l’azienda a dare risposte concrete sulle strategie di rilancio del siderurgico, sull’assetto societario, sul piano industriale e ambientale, sulle problematiche di sicurezza e sui livelli occupazionali, considerando che l’azienda ha avviato dal 28 marzo la cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione per 3mila lavoratori in tutti i siti del gruppo, di cui 2500 solo a Taranto. L’iniziativa sindacale è stata messa in campo con l’intento di avviare un tavolo permanente al ministero dello Sviluppo Economico. Non è più pensabile che si discuta di transizione ecologica, di decarbonizzazione, impianti ad idrogeno a lungo termine senza affrontare nel merito le tante criticità che riguardano il presente della fabbrica e di come dovrebbe essere gestita tale fase, evitando che continuino a pagare sempre i lavoratori.

“Ad oggi la produzione di Acciaierie d’Italia consuntivata ad aprile è di appena 1.292.000 tonnellate circa e da quello che sappiamo, ha sospeso anche la consegna di ordini regolarmente confermati - afferma il segretario nazionale Fim Cisl Valerio D’Alò -. Una situazione che non lascia presagire nulla di buono, soprattutto in un fase in cui c’è grande richiesta d’acciaio da parte del mercato”. Negli ultimi incontri, Acciaierie d’Italia aveva infatti dichiarato che gli obiettivi da centrare nel 2022, con tre altiforni in marcia, erano quelli di produrre 5,7 milioni di tonnellate di acciaio ma ad oggi questi obiettivi restano disattesi e con essi le speranze di rientro dei lavoratori in cassa integrazione. 

“E’ bene ricordare - sottolinea D’Alò - che la procedura di cassa integrazione è stata aperta dall’azienda senza accordo sindacale dopo diversi incontri al ministero del Lavoro, e questo perché l’azienda ha rifiutato di legare la sottoscrizione dell’ammortizzatore agli obiettivi di maggiore produzione e quindi di rientro del personale. A questo - continua il sindacalista - va aggiunta la situazione d’incertezza rispetto alla composizione dell’assetto societario che entro giugno doveva vedere salire le quote di partecipazione pubblica al 60% nella NewCo altro obiettivo ad oggi rinviato”.

I lavoratori protestano dalle 7 di mattina davanti alle portinerie, ma affermano che questo è sono l’inizio di un percorso di mobilitazione che vuole rompere il silenzio. “Siamo qui per far sentire la nostra voce - afferma Biagio Prisciano, segretario generale aggiunto  Fim Cisl Taranto-Brindisi durante il presidio - e con questa manifestazione vogliamo lanciare un forte segnale ad un governo che continua ad essere latitante, che non parla né di Taranto né dei lavoratori né della città. Il nostro appello al governo è che si faccia sentire, che finalmente prenda in mano la situazione delle Acciaierie di Italia compresi anche i lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, dell’appalto e dell’indotto perché così non si può andare avanti. Vivere con 900 euro di cassa integrazione è impossibile”ribadisce Prisciano, che conclude: “Noi vogliamo vivere di lavoro che deve essere pulito e che deve garantire la salute di chi lavora e di chi vive all’esterno della fabbrica”.

Per il sindacato è non solo necessario ma imprescindibile assicurare investimenti e uno sviluppo sostenibile sul piano ambientale e sociale di tutto il sito siderurgico che passi dalla messa a norma degli impianti all’aumento dei volumi produttivi e conseguentemente del rientro a lavoro dei lavoratori dalla cassa integrazione e ad un piano industriale credibile che coinvolga anche le aziende dell’appalto e dell’indotto. “Tutto questo deve avvenire dentro tempi certi - conclude D’Alò - sono troppo anni che questa vertenza si trascina e a farne le spese sono i lavoratori e la città”.

Sara Martano

( 6 maggio 2022 )

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