Uno sforzo finanziario da 2,5-3 miliardi a carico delle banche. I contorni dell'ipotetico contributo che potrebbe essere richiesto in vista della prossima legge di bilancio iniziano a prendere forma: l'obiettivo è stato individuato, spiegano fonti qualificate della maggioranza, anche se tutto verrà deciso nella trattativa insieme agli istituti di credito, "con molta calma". Le interlocuzioni, del resto, sono ancora sottotraccia in attesa anche dell'esito delle Regionali: saranno infatti anche i nuovi equilibri nella maggioranza ad orientare il negoziato. Nel centrodestra sul tema è ormai scontro aperto tra Lega e Forza Italia. Il partito di Matteo Salvini, proprio mentre il leader azzurro Antonio Tajani sta parlando delle banche nel suo intervento conclusivo alla festa del partito, sferra un nuovo affondo. "Riteniamo ragionevole chiedere un contributo alle grandi banche, a partire dagli enormi guadagni derivanti da interessi e commissioni".
L'obiettivo è utilizzare quei miliardi, che la Lega quantifica in 5, "per immetterli nell'economia reale: aumento di stipendi e pensioni, investimenti in sanità, rottamazione pluriennale di 170 milioni di cartelle". Forza Italia, che già aveva stoppato l'idea di tassare gli extraprofitti degli istituti, ripete l'altolà. "L'extraprofitto non esiste", mette in chiaro Tajani, che invita alla cautela: "Con le banche bisogna dialogare, perché solo così si ottengono risultati, mentre se faccio 'una vessazione', spavento i mercati e nessuno vuole più venire a investire. E poi basta con la "demagogia", noi non siamo il partito delle banche, noi parliamo con le banche".Gli replica, nel botta e risposta a distanza, il sottosegretario leghista Claudio Durigon: la pace fiscale è nel programma del centrodestra ed era anche l'obiettivo di Silvio Berlusconi, ricorda, "sono certo che anche Tajani converrà nella necessità di un intervento sulle banche".
Mentre il dibattito politico ribolle, al Ministero dell'Economia l'attenzione è tutta sui numeri. Mercoledì arriverà in consiglio dei ministri (e il giorno successivo alle Camere) il Documento programmatico di finanza pubblica, la vecchia Nadef, che fisserà la cornice finanziaria su cui poi il governo isserà le misure della manovra. Dalle prime stime del Dpfp emerge una crescita tendenziale pari al +0,5% quest'anno e +0,7% il prossimo. Il documento potrebbe anche certificare - come ipotizzato dallo stesso ministro Giancarlo Giorgetti - la discesa del deficit sotto il 3% già quest'anno, permettendo all'Italia di uscire dalla procedura per deficit eccessivo un anno prima del previsto.
Ma "la manovra economica deve contenere misure di sostegno ai redditi delle famiglie. Per questo chiederemo al Governo interventi sul fisco a cominciare dalla riduzione dell'Irpef per il ceto medio e dalla detassazione delle tredicesime per i lavoratori ed i pensionati già nelle buste paga di dicembre 2025", ha affermato la segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola a Cantiere Italia. Sul fronte delle misure, la strada sembra ormai spianata per il taglio di due punti della seconda aliquota Irpef. Perde però quota l'ipotesi di estendere lo scaglione fino a 60mila euro: il costo raddoppierebbe (da 2,5 a 4-5 miliardi) e la platea aumenterebbe solo dell'1%, quindi - si ragiona in ambienti della maggioranza - meglio destinare quelle risorse ad altro. Si lavora anche per estendere la detassazione dei premi anche agli straordinari, mentre sul fronte delle detrazioni si andrà avanti con il principio del quoziente familiare.
Rodolfo Ricci