Nel contesto di un'economia italiana in affanno nei primi sei mesi dell'anno, rispetto al primo semestre 2024, in media la produzione metalmeccanica è diminuita del 4,3%, più del -2,8% dell'industria nel suo complesso. Emerge dall'indagine congiunturale di Federmeccanica. L'83% delle imprese teme "impatti negativi" dai dazi. -6,1% l'export in Usa nei sei mesi. "Abbiamo sempre invocato politiche industriali continentali e nazionali, mirate alla crescita ed efficaci, quindi semplici da applicare e durature": per sostenere "investimenti indispensabili" serve "una visione industriale di lungo periodo, che dia stabilità e certezze. Non è ancora troppo tardi ma occorre fare presto, molto presto", avverte la vicepresidente di Federmeccanica Alessia Miotto. "Emergono poche luci e molte ombre osservando il passato, mentre troviamo una nebbia spessa alzando lo sguardo verso il futuro", commenta il dg Stefano Franchi. L'export metalmeccanico-meccatronico nei primi sei mesi dell'anno è diminuito dello 0,5% nel confronto tendenziale (-0,4% verso i paesi Ue e -0,6% verso i mercati extracomunitari).
Il calo dei flussi verso i mercati statunitensi è stato pari a -6,1%, registra Federmeccanica. Nel semestre le ore di cassa integrazione per gli addetti metalmeccanici salgono a 174 milioni, +35,4% rispetto ai 128,5 milioni del primo semestre 2024. L'83% delle imprese teme impatti negativi dalle nuove misure protezionistiche, soprattutto perdita di quote export (32%), difficoltà nelle catene di approvvigionamento (25%) e aumento della pressione competitiva sul mercato Ue (21%). Il 24% delle imprese segnala una diminuzione del portafoglio ordini; mentre per le attese produttive il 25% si attende una riduzione; più contenuti sono i segnali positivi (20% per il portafoglio ordini e 19% per le attese produttive). Tra i principali rischi che le aziende vedono per il futuro, si conferma al primo posto quello relativo alle materie prime ed energia (in termini di carenza, fluttuazione dei prezzi), seguito dai possibili cambiamenti dello scenario macroeconomico globale (frammentazione dei mercati, conflitti, dazi, politiche di austerity), più distaccata la problematica della carenza di forza lavoro qualificata.
"Questa è la nostra prima indagine congiunturale successiva all'introduzione dei dazi da parte dell'amministrazione statunitense ma ancora non siamo in grado di comprenderne gli effetti reali sia diretti che indiretti - spiega Alessia Miotto -. Una cosa si può dire con certezza, nell'incertezza dominante, che anche l'introduzione di tariffe piccole possono generare un grande danno, soprattutto quando ricadono sulle spalle di molte imprese che hanno una ridotta marginalità, in tanti casi è in ulteriore contrazione".
In una situazione già complessa, prosegue la vicepresidente di Federmeccanica, "anche un solo punto percentuale di dazi è troppo. La nostra industria è a vocazione esportatrice e non si può pensare di cambiare pelle, puntando sulla domanda interna, così come trovare altri mercati di sbocco non è di facile realizzazione in tempi brevi. Il rischio concreto, nel frattempo, è di perdere una buona parte della nostra industria metalmeccanica, mettendo a rischio la continuità di intere filiere. Non possiamo e non dobbiamo lasciare indietro nessuno. Questo è l'obiettivo che tutti devono avere, dalle parti sociali alle istituzioni, a partire da quelle europee"; si riduce la capacità di investire e questo è un grosso problema che va affrontato e risolto.
Rodolfo Ricci