Domenica 22 giugno 2025, ore 17:41

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Lavorare all’estero: un laureato su quattro pronto ad andare via

Come è cambiato l’approccio al lavoro e alla possibilità di trasferirsi all’estero per laureati e professionisti nell'era della globalizzazione, del remote working e della continua evoluzione tecnologica? La risposta arriva dalla Boston Consulting Group (BCG) che, in collaborazione con The Network e The Stepstone Group, per il quarto anno consecutivo ha realizzato la “Global Talent Survey”, un'indagine sulle preferenze di mobilità lavorativa a livello globale che ha coinvolto 150 mila persone provenienti da oltre 180 Paesi.
Da un’analisi dei risultati della ricerca, raccolti nello studio Decoding Global Talent 2024, emerge che la percentuale di coloro che considerano la possibilità di trasferirsi all'estero nel 2023 è diminuita, passando dal 78% del 2018 all’attuale 63%.
All’interno di questa fetta di professionisti, il 23% ha provato a cercare lavoro in altri Paesi, facendo aumentare di due punti percentuali la mobilità attiva rispetto al 2018 e al 2020; il 21%, seppur disposto ad un trasferimento, è risultato non attivo nella ricerca, scartata dal restante 19% che, invece, reputa la mobilità come ultima risorsa.
Tra i Paesi meta delle più alte percentuali di professionisti disposti a trasferirsi, l'Australia, che si aggiudica il primo posto. A seguire Usa, Canada e Regno Unito. L’Europa, con Germania e Svizzera, viene subito dopo e, infine, Giappone e Singapore. A pesare sull’attrattività di questi Paesi, vari elementi. Innanzitutto il progresso professionale, come nel caso dell’Australia (68% dei rispondenti), e degli Usa (77%). Ovviamente, oltre all’aspetto professionale, incide anche quello personale: qualità e costo della vita, reddito, sicurezza e stabilità, cultura accogliente e inclusiva, ambiente family-friendly, assistenza sanitaria, innovazione, digitalizzazione e facilità di accesso a processi per visti e permessi di lavoro. 
E sono proprio la qualità della vita e delle opportunità di lavoro i due fattori importanti che spingono i lavoratori a spostarsi, come dichiarato da Matteo Radice, Managing Director e Partner di Bcg: la qualità delle opportunità di lavoro è da qualificare in modo diverso rispetto allo stipendio tout court. Intorno a questo tema ci sono infatti la possibilità di crescita professionale e l'apprendimento applicato alle proprie competenze. Opportunità, queste, valutate anche dai professionisti del nostro Paese: l’analisi del panel equamente distribuito tra uomini e donne, con diversi livelli di istruzione, background lavorativo, stati occupazionali e situazione abitativa, ha evidenziato come in Italia la percentuale di persone disposta attivamente a lavorare all'estero si attesti al 15%, rispetto al 17% del 2018 e al 57% del 2020, anno probabilmente influenzato dalla pandemia. All’interno di questa fascia di professionisti, quelli con meno di 30 anni arrivano al 20%, e fino al 24% gli italiani in possesso di laurea, master o dottorato, tutti attratti dalla Svizzera, seguita da Spagna, Germania, Usa, Regno Unito, Francia, Australia, Canada, Austria e Olanda. Tornando a casa nostra, l’Italia, a livello globale, si piazza al 12° posto e risulta meta preferita per chi proviene da Argentina, Egitto, Marocco, Romania e Tunisia per qualità della vita e opportunità lavorative, cultura accogliente e inclusività, costo della vita e ambiente family-friendly. Fattori decisivi per chi decide di trasferirsi per migliorare la propria qualità di vita e per cercare nuove prospettive professionali, alla pari del supporto concreto da parte dei datori di lavoro e di un ruolo attivo di governi e istituzioni, capaci di trovare strategie efficaci e soddisfacenti per tutte le parti interessate. 
Anna Taverniti
 

( 6 maggio 2024 )

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