Il debito dell'Italia rispetto a 18 mesi fa non è più atteso stabilizzarsi, ma è su una traiettoria al rialzo. Motivo, una crescita più debole ha invertito la relazione fra tassi d'interesse e crescita, ossia il Pil nominale (non depurato dall'inflazione) cresce meno dei tassi d'interesse facendo accumulare debito: l'attesa, mentre si attendono i parametri della manovra, è che "aumenti al 139,7% del Pil" a fine 2026 contro il 137,7% del Documento programmatico di bilancio sottoposto all'Ue. E che continui in rialzo, contrariamente alle previsioni del Piano strutturale di bilancio che prevede una stabilizzazione. Unico antidoto, che l'Italia riesca a mantenere il surplus primario "dei tempi dell'austerity", ad almeno l'1,5% del Pil. L'allarme arriva da Morgan Stanley, e non riguarda solo l'Italia: è generalizzato con tassi sul debito a lungo termine più elevati nonostante i tagli delle banche centrali. Parte dagli Usa e coinvolge in pieno la Francia che presto raggiungerà l'Italia come livello del debito.
La banca d'investimento risparmia solo Giappone e Germania. Ma tocca nel vivo il debito 'tallone d'Achille' dell'Italia. Dopo un consolidamento di bilancio post-Covid da ben 20 punti percentuali di Pil grazie a entrate fiscali, elevata inflazione e migliore occupazione, "pensiamo - si legge nell'ultimo Global Economic Briefing di Morgan Stanley - che la riduzione del debito sia arrivata ad esaurimento". Non solo per il prevedibile effetto ritardato del superbonus: più a lungo termine," riteniamo che il rapporto debito/Pil rimarrà in una traiettoria al rialzo", scrive l'economista Chiara Zangarelli nella sezione del documento dedicata all'Italia. Lo scenario base di Morgan Stanley disegna una curva del debito/Pil in costante rialzo fino oltre il 150% nel 2040. "In tutto questo, l'Italia ha un vantaggio chiave", scrive Zangarelli. "Ha una lunga storia di surplus primari", interrotta nel 2009 e dopo la pandemia. Nel medio termine, potrebbe mantenere un surplus primario dell'1,5% ma nel lungo termine sarà più dura fra spesa militare, transizione energetica e sfide di competitività.
"Sarà difficile per l'Italia centrare questa lunga lista di priorità, e allo stesso tempo tornare ai forti surplus primari dei tempi d'austerità". Interviene anche il Centro Studi di Confindustria: "Penalizzata dal difficile contesto globale ed europeo, la crescita in Italia resterà bassa", avverte che all'appuntamento con le previsioni di autunno taglia ancora le attese sul Pil. Stima un incremento annuo del Pil pari ad appena il +0,5% nel 2025, inferiore di 0,1 punti a quanto previsto nello scenario di aprile. "La crescita italiana è attesa accelerare di poco nel 2026, a +0,7%", rispetto al +1% stimato a aprile, tornando sui ritmi del 2024. È una frenata determinata in particolare "dalla battuta d'arresto nel secondo trimestre 2025, quando il Pil italiano è diminuito di 0,1%, a causa della caduta delle esportazionioni".
Ma gli strumenti per il Mezzogiorno, Zes in testa, hanno consentito investimenti per 22 miliardi al sud e 34.000 nuovi posti di lavoro. "Dobbiamo migliorare e rafforzare queste misure. Il sud cresce soprattutto negli ultimi 3 anni. Non è un miracolo ma il frutto di scelte politiche efficaci. Insieme alla Zes contribuisce l'impatto del Pnrr e gli strumenti di coesione. Ma anche gli incentivi per giovani e donne nel mezzogiorno delle ultime 3 manovre. Questo risultato lo dobbiami consolidare", ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per il Sud, Luigi Sbarra, intervenendo proprio alla presentazione dei dati economici di Confindustria.
Rodolfo Ricci