ll peggior nemico dell'agricoltura in Italia?...il clima impazzito. Nel 2023 - dicono le stime preliminari del conti economici del settore divulgate dall'Istat - la produzione si è ridotta dell'1,4% e ancora di più il valore aggiunto ai prezzi base sceso del 2% e le unità di lavoro con -4,9%. Scendono i volumi delle coltivazioni (-2,4%), attività dei servizi agricoli (-2%) e comparto zootecnico (-0,8%). In flessione sono soprattutto vino (-9,5%), patate (-6,8%), frutta (-5,3%) e olio d'oliva (-5%) e florovivaismo (-4%). Annata favorevole, invece, per coltivazioni industriali (+6,2%), cereali (+3,2%) e ortaggi freschi (+2,8%). I danni da clima si sono fatti sentire anche nell'Ue27- segnala l'Istat - dove il calo della produzione è dell'1% in volume, del valore aggiunto (-1,7%) e dell'occupazione (-1,5%).
Negli ultimi 30 anni la produzione agricola mondiale ha subito perdite per un valore stimato di 3.800 miliardi di dollari a causa di eventi calamitosi, pari a una perdita media di 123 miliardi di dollari all’anno, ovvero il 5% del prodotto interno lordo agricolo globale. In un rapporto presentato recentemente dalla Fao, per la prima volta, si stima l’impatto globale delle calamità naturali sui sistemi agricoli e alimentari. Sono cifre impressionanti che rivelano come proprio questi sistemi siano il crocevia più delicato del nostro rapporto con la crisi climatica in atto. I riflessi di questi eventi sconvolgenti sulla sicurezza alimentare sono immediati, soprattutto per i Paesi più fragili. È stato calcolato che le calamità hanno inflitto le maggiori perdite collaterali ai Paesi a reddito medio-basso, fino al 15% del loro Pil agricolo totale. Se si analizza poi l’impatto per settori strategici, impressiona la stima delle perdite trentennali di cereali - con una media di 69 milioni di tonnellate all’anno - pari all’intera produzione cerealicola annuale della Francia. O dei prodotti ortofrutticoli, dove le perdite corrispondono per esempio all’intera produzione annuale di Giappone e Vietnam. Oppure del settore zootecnico, dove si stimano perdite medie di 16 milioni di tonnellate all’anno, l’equivalente dell’intera produzione del settore di realtà come Messico e India.Il 2023 avrebbe dovuto essere un anno di svolta per le politiche ambientali del nostro Paese. Le premesse c'erano tutte grazie alla riforma della Costituzione, che nel febbraio 2022 ha modificato gli articoli 9 e 41 facendo entrare l'ambiente e la sua tutela tra i principi fondamentali della nostra Carta, ma nonostante ciò si può dire che nell'ultimo anno si sia innestata una sostanziale marcia indietro nella quantità e nella qualità della protezione della natura nel nostro Paese.
Il cambiamento climatico sta già modificando la geografia dell'agricoltura. Ci sono aree del mondo, storiche per alcune produzioni, che per colpa delle piogge torrenziali oppure dei prolungati periodi di siccità già oggi non sono più in grado di garantire gli stessi raccolti di sempre. Secondo il National climatic data centre, che registra le temperature mondiali dal 1850, quello che sta per chiudersi sarà ricordato come l'anno più caldo mai registrato sul pianeta,con la temperatura sulla superficie della terra e degli oceani risultata superiore di 1,15 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo.
L'Italia non ha fatto eccezione: nel 2023 la temperatura è stata di 1.05 gradi superiore rispetto alla media storica. Per questo la tendenza al surriscaldamento sta ridisegnandola mappa delle coltivazioni anche nel nostro Paese. Uno dei fenomeni più evidenti è la diffusione delle coltivazioni di frutta esotica nel Sud Italia.
In Italia il 2023 è stata un’annata nera con danni che, tra coltivazioni e infrastrutture, superano i 6 miliardi a causa dei cambiamenti climatici con un taglio del 20% della produzione di vino mentre il calo per la frutta arriva al 30% per le pesche e al 63% per le pere ma a essere praticamente dimezzato è anche il raccolto di miele con le api che sono vere e proprie sentinelle dello stato di salute dell'ambiente.
L'anno appena concluso è stato infatti segnato in Italia prima da una grave siccità - sottolinea Coldiretti - che ha compromesso le coltivazioni in campo, e poi per alcuni mesi dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, precipitazioni abbondanti che si sono alternati al caldo torrido al quale ha fatto seguito un autunno mite ma con violenti nubifragi che hanno devastato città e campagne per poi finire con un inizio inverno bollente che ha mandato in tilt le colture.
L'agricoltura italiana è l'attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli" afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che "i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio". L'Agenzia europea dell'ambiente stima che, con l'aumento di un grado della temperatura media mondiale, le imprese agricole dell'area meridionale dell'Europa - Italia compresa - subiscono una perdita pari al 9% del valore totale del terreno agricolo. Secondo le proiezioni dell'agenzia sul lungo periodo, ïl valore delle aree coltivabili di questa zona dell'Europa potrebbe scendere di oltre l'8o%proprio a causa di eventi climatici particolarmente avversi. Due terzi di queste perdite potrebbero essere concentrate proprio sul territorio italiano, dove le colture sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico. Fatti i debiti calcoli, nel 2100 la perdita di valore per il terreno agricolo in Italia potrebbe variare tra i 58 e i 120 miliardi di euro. Indipendentemente dal successo nel mantenimento di una crescita di temperatura inferiore a 2°C nel 2050, occorre considerare che l’impatto delle misure sarà inevitabilmente caratterizzato da un ritardo tra azione e risultati: la riduzione di fonti di gas serra (GHG) e la stabilizzazione della loro concentrazione in atmosfera nei prossimi anni non ridurrà immediatamente la tendenza al riscaldamento a causa dell’inerzia climatica (IPCC, 2018).
L’Unione Europea dispone le normative in materia di clima più rigorose al mondo per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e tali emissioni sono state ridotte del 32,5% rispetto al 1990, nonostante un aumento del PIL di oltre il 60%. Tuttavia, questa è solo una tessera di un mosaico più grande, in quanto l’Unione Europea è responsabile solo del 7% circa delle emissioni globali di gas a effetto serra.
ll ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, con decreto n. 434 del 21 dicembre 2023, ha approvato di recente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC). Un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento ai cambiamenti che speriamo si riveli strumento utile a frenare un andamento che sembra essere in caduta libera.
Cecilia Augella