Sono tornati di moda i vinili. Nell’epoca della musica in streaming sulle piattaforme digitali sono sempre di più le persone che hanno riscoperto il piacere di mettere un 33 giri sul piatto di un impianto HI FI. Tra loro ci sono anche tanti giovani, che l’epoca degli LP (Long Playing) non l’hanno neppure vissuta. Il fascino di questo mondo è raccontato nel libro “Vinil mania – Il grande ritorno del vinile e del giradischi”.
Il testo è una riedizione di un volume uscito negli Stati Uniti (“In the Groove”), che Hoepli ha ripubblicato aggiungendo un ampio capitolo sull’Italia curato da Aldo Pedron, giornalista e critico musicale (è tra i fondatori di riviste “storiche” come “Il Mucchio Selvaggio” e “L’Ultimo Buscadero”), nonché collezionista con un archivio fatto di 14 mila 33 giri, 4 mila 45 giri, 19 mila CD, migliaia fra libri, articoli, musicassette e un bellissimo juke-box AMI del 1962. “Tante ragioni possono spiegare questa riscoperta – osserva Pedron - . Intanto il suono di un vinile è qualitativamente migliore, più caldo. Oggi la musica è liquida, la si ascolta spesso sul cellulare, la resa è molto diversa, lo streaming appiattisce. E un pò la differenza che c’è tra vedere un film su un piccolo schermo o al cinema. E poi il vinile è anche un bell’og getto, dentro trovi i testi delle canzoni, le note e poi ci sono copertine bellissime di album storici, create da grandi artisti. Ha un fascino particolare, non c’è paragone con il digitale, che dalla sua ha la comodità”.
Il libro racconta la storia del vinile dalle origini, nei suoi vari formati e materiali; spiega le componenti dei giradischi (braccio, testina, puntina, piatto…); mostra l’evoluzione degli strumenti di ascolto (oltre ai vinili, le cassette, i CD, gli MP3…). Quindi va alla scoperta delle copertine più iconiche e di chi le ha realizzate, dei negozi più famosi e delle case discografiche (etichette) di culto, ma anche del mondo del collezionismo. Il capitolo dedicato all’Italia, intitolato “Il cielo in una stanza”, è organizzato allo stesso modo.
La prima registrazione di un disco nel nostro Paese risale all’11 aprile 1902, in un hotel milanese (quello in cui morì Giuseppe Verdi), quando Enrico Caruso incise un 78 giri con 10 brani d’opera per la Gramophone Company. Poi fu un crescendo, con nel mezzo il Ventennio fascista ostile al dilagare del jazz e dello swing e a tutto ciò che arrivava dagli Stati Uniti, fino al ridicolo di italianizzare i nomi di artisti di lingua inglese (Louis Armstrong e Benny Goodman divennero, rispettivamente, Luigi Braccioforte e Beniamino Buonuomo).
“Fino a metà degli anni Sessanta – aggiunge Pedron – erano molto diffusi i 45 giri, con due singoli, uno sul lato A, l’altro sul lato B. Gli LP, che potevano contenere fino a circa 12 brani, erano usati prevalentemente come raccolte di grandi successi, le cosiddette Greatest Hits. Poi però cominciarono ad uscire i dischi con un concetto, un filo conduttore, arrivarono i Beatles, i Rolling Stones, i Beach Boys,
Bob Dylan, The Who e cambiò tutto. Quelli sono stati i periodi più belli e importanti, non dimentichiamo che il 1969 è l’anno di Woodstock, un evento che segnò una svolta epocale”.
Oggi il digitale domina il mercato mondiale della musica (80%), il vinile è al 12%, i CD sono all’8%. Con le piattaforme, You Tube e i social è più facile “inven tarsi” cantanti o musicisti e diffondere le proprie canzoni, anche se a rimetterci spesso è la qualità. Dal canto loro le case discografiche hanno capito l’impor tanza del vinile e hanno cominciato a ristampare anche album storici degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta. Poi ci sono i collezionisti, che vogliono solo gli originali e che li trovano nei mercati e nelle fiere specializzate. Il libro cita le più importanti (a partire da quella di Novegro, vicino a Milano), ma ormai se ne trovano un po' dappertutto.
Oggi i vinili si comprano nei negozi specializzati (Pedron ne illustra dieci: cinque scomparsi, cinque esistenti) ma anche in certe grandi catene librarie: ridotta al minimo la sezione dedicata a CD e DVD, si è ampliata quella riservata ai 33 giri. Il vinile è diventato anche un oggetto per fare spettacolo: Linus, il popolare direttore artistico di Radio Dee Jay, sta portando in giro uno show (“Radio Linetti”) in cui suona i dischi della sua collezione e sta facendo ovunque il tutto esaurito.
Sfogliando le pagine ci si imbatte anche in aneddoti e curiosità: sapete, ad esempio, qual è l’LP più diffuso di sempre in Italia? “La vita è adesso” di Claudio Baglioni, uscito nel 1985, che vendette oltre 4,4 milioni di copie e rimase in testa alla classifica per 27 settimane. E’ molto interessante anche la parte dedicata alle testimonianze, in cui l’autore ha intervistato quattro grandi appassionati: Renzo Arbore, Giacomo Poretti, Carlo Massarini (conduttore radiofonico) e Claudio Trotter (promoter di concerti e manager di artisti). Così si scopre che nella sterminata collezione di Arbore c’è anche un 45 giri del fondatore della Lega Lombarda Umberto Bossi, che prima di darsi alla politica voleva fare il cantante. Mentre Poretti, per la colonna sonora del film “La leggenda di Al, John e Jack” girato nel 2002 con i “colle ghi” Aldo e Giovanni, si è fatto consigliare una trentina di album di musica americana degli anni Cinquanta da Paolo Carù, titolare di “Carù Dischi” a Gallarate (Varese), definito da “The Guardian” uno dei dieci store più importanti al mondo: spesero quasi 200 mila dollari in diritti d’au tore ma ne valse la pena.
Pedron mette insieme anche un decalogo del “vinilmaniaco”: al punto 7 c’è scritto che “di alcuni dischi considerati importanti si acquistano due o più copie (una la si tiene sigillata)” .

