Tiare di fine ‘800 e primi ‘900, bracciali e collane preziose, tra le sculture antiche di Palazzo Nuovo che per la prima volta ospita una mostra temporanea. Gioielli unici, che guardano all’arte antica, classica, e in dialogo con essa. A Roma, fino al 15 marzo 2026, la mostra “Cartier e il Mito ai Musei Capitolini” accosta le creazioni della Maison alle sue ispirazioni greche e romane. Le creazioni della maison Cartier, per lo più provenienti dall’heritage Cartier Collection, saranno in dialogo con le sculture in marmo della collezione del cardinale Alessandro Albani, nucleo originario della collezione museale di Palazzo Nuovo, e con una selezione di preziosi reperti antichi provenienti dalla Sovrintendenza Capitolina, da prestigiose istituzioni italiane e internazionali e da collezioni private.
Dalla metà del XIX secolo ad oggi, Cartier ha studiato, tratto ispirazione e reinterpretato il repertorio estetico e simbolico dell’antica Grecia e di Roma, trasformando motivi millenari in gioielli dal carattere unico e moderno. Particolare attenzione è posta sul profondo legame tra Cartier e l’Italia, specialmente Roma. Le collezioni permanenti del Palazzo Nuovo in Campidoglio, l’o riginario Museo Capitolino istituito nel dicembre del 1733 da Clemente XII Corsini, si compongono in modo quasi esclusivo di sculture in marmo, in gran parte acquisite dalla collezione del cardinale Alessandro Albani. Molte di queste sculture antiche hanno costituito modelli imprescindibili per la formazione del linguaggio artistico europeo. La mostra offre una prospettiva originale su un aspetto particolare e importante di questo tema: l’uso del repertorio antico in gioielleria, dai “pastiches” dei grandi collezionisti e orafi del XIX secolo, come i Castellani a Roma, stile Neoclassico Garland, fino alle opere successive ispirate a Jean Cocteau nel secondo dopoguerra, arrivando infine alle creazioni odierne e a un nuovo approccio all’An tichità. Una sezione è dedicata alle tecniche e ai processi di lavorazione dei gioielli, con riferimenti all’età romana. La mostra esplora in particolare le ispirazioni mitologiche che hanno nutrito l’immaginario Cartier dall’inizio del XX secolo, confrontando le creazioni della Maison con le antiche divinità di Palazzo Nuovo - Afrodite e Dioniso, Apollo ed Eracle, Zeus e Demetra - e invitando i visitatori a riscoprire all’interno della collezione permanente i modelli antichi che le hanno ispirate. Cartier ha tratto ispirazione dall’Arte Classica in vari modi, sia in modo diretto che attraverso il filtro di periodi storici evocativi profondamente influenzati dall’antichità, come il Rinascimento, la corte di Versailles e il Neoclassicismo. La storia di Cartier si sviluppa attraverso epoche in cui l’estetica classica funge da grammatica stilistica. Dai revival storicisti della metà del XIX secolo allo stile a ghirlanda svolazzante della Belle Époque, dalla reinterpretazione delle forme antiche nello stile moderno dei primi del XX secolo, al ritorno dell’oro giallo negli anni Quaranta insieme alla libertà d’espressi one femminile, dalla giocosa rivisitadi zione dei miti negli anni Settanta fino a un approccio contemporaneo all’antichità. I canoni classici rimangono una pietra angolare dell’eccellenza estetica grazie al loro vocabolario formale universalmente riconosciuto. Ad introdurre la mostra una spettacolare scalinata cinematografica opera del Maestro Dante Ferretti, scenografo premio Oscar. Dal labirinto verticale de “Il nome della Rosa” (1986) alle rovine nostalgiche del Grand Tour nella scenografia di “Cenerentola” (2015), il suo lavoro ci eleva verso un mondo di Antichi, eroi e dei, che permea il nostro modo di vedere e di vivere l’universo. Riferimenti malinconici all’antichità classica costellano l’atmosfera onirica e burlesca di “Le avventure del barone di Munchausen” di Terry Gilliam (1988). Con Pasolini, Ferretti fa rivivere la maga “Medea” sotto le sembianze di Maria Callas (1968), una delle donne più moderne della mitologia antica, che ci appare con un’imponente parure d’oro e ambra, degna della sua discendenza dal Sole. Una mitologia costantemente rivisitata, gioiosa e piena di sorprese, che parla al mondo di oggi. Questo è ciò che Dante Ferretti riesce a creare nelle sue opere. È anche ciò che la Maison Cartier è riuscita a fare fin dalle sue origini attraverso il mito, reinterpretando costantemente un’anti chità classica vivente, sempre rinnovata e pronta a fondersi con la modernità. La mostra, concepita come un’esperienza immersiva arricchita da elementi audiovisivi, si caratterizza per le installazioni olfattive create dalla profumiera della Maison Cartier, Mathilde Laurent, e per l’esposizione di pietre dure provenienti dall’atelier di glittica di Cartier che incarnano le divinità e i miti esposti.
Fin dall’inizio del XX secolo, i disegnatori di Cartier si sono progressivamente allontanati dai riferimenti diretti all’antichità classica, che seguivano i fondamenti della geometria e della matematica dei filosofi greci, basandosi sul principio della sezione aurea. I miti greci compaiono in modo più indiretto e, al tempo stesso, più fedele allo spirito dell’ornamento antico, così come presentato dagli studiosi della religione greca. I gioielli fanno parte di ciò che i Greci chiamano kosmos, una parola che indica sia la disposizione corretta degli abiti e dei gioielli, sia l’ordine imperscrutabile dell’u niverso.
Nelle creazioni di Cartier, come nei miti antichi, i gioielli si presentano come riproduzioni in miniatura dell’universo e delle sue forze primordiali: la terra e i suoi minerali, l’oceano e le sue creature marine, il cielo stellato e il fuoco del sole. Efesto, il dio artigiano, riunisce questi elementi attraverso l’arte, proprio come fanno gli artigiani della Maison Cartier nei loro atelier, ispirati dal potere evocativo delle gemme. Il gioiello diventa così un discorso metafisico, oltre che un ornamento di prestigio.

