Domenica 13 luglio 2025, ore 20:57

Protagonisti del '900

Pier Giorgio Frassati Santo Sociale

di LUCA ROLANDI

Piergiorgio Frassati, il ragazzo che amava portare i suoi amici in montagna per spingere il loro sguardo «verso l’Alto», sarà dichiarato santo il prossimo anno. Pier Giorgio Frassati, giovane figlio di Adelaide Ametis e Alfredo Frassati era un ragazzo fortunato, cresciuto tra l’aria delle colline del biellese a Pollone e la “Crocetta” a Torino. Impegnato nel movimento cattolico il giovane che Papa Giovanni Paolo II quando lo beatificò il 20 maggio 1990, chiamò l’uomo delle 8 Beatitudini. Frassati, nato a Torino il 6 aprile 1901 e morto a soli 24 anni, fu un «meraviglioso modello di vita cristiana», visse la sua giovinezza “tutta immersa nel mistero di Dio e dedita al costante servizio del prossimo” affermò il Papa quel giorno. Per Pier Giorgio il peso del padre era forte. Alfredo Frassati dirigeva e ne era proprietario, fino all’avvento del fascismo, il quotidiano più importante della città “La Stampa”. Più tardi sarebbe diventato ambasciatore e autorevole esponente del mondo liberale sabaudo, allontanato da Torino dal nascente regime portò la famiglia a respirare altre culture e ambienti a Berlino negli anni complessi della Repubblica di Weimar. Dentro le dinamiche e articolazioni dell’Italia liberale tra contraddizioni, povertà e impetuoso sviluppo industriale, anticipava e completava quella visione cristiana della carità avviata nel secolo precedente dai Santi sociali torinesi, a modo suo, da giovane e senza poter immaginare ciò che avrebbe rappresentato il suo esempio. Nella Torino di Antonio Gramsci e Piero Gobetti, il giovane Frassati manifestava la concretezza di un attivismo cristiano non alieno dalla contemplazione ma dentro le contraddizioni e i bisogni della storia nell’Azione cattolica e in tante forme di volontariato, carità, spiritualità intensa e consapevole. Da giovanissimo si iscrisse con grandi speranze alla nuovo Partito popolare di don Luigi Sturzo. Semplice militante fece parte della componente più rigidamente antifascista. Nell'autunno del 1923 si dimetteva dal circolo fucino per protesta perché il circolo “Cesare Balbo” aveva esposto il tricolore per la visita di Benito Mussolini a Torino. Pier Giorgio non tollerava che i cattolici rendessero omaggio al mandante dell'assassino di don Giovanni Minzoni di Giacomo Matteotti e al nemico della libertà e della democrazia. Nel Ppi condivise gli orientamenti più progressisti e socialmente aperti fino ad auspicare, con quarant’anni di anticipo, l’alleanza tra popolari e socialisti in chiave antifascista. Nel 1922, anno della marcia fascista su Roma, anche il senatore Alfredo, propose la coalizione popolari-socialisti come diga alle Camicie nere. La fermissima opposizione nasceva da una convinta sensibilità per la costruzione di una via democratica per il futuro del paese.  Antifascista per ispirazione religiosa, Pier Giorgio Frassati collaborava a riviste di riflessione come il “Pensiero popolare”, organo della sinistra Ppi ed era promotore e diffusore del quotidiano cattolico “Il Momento” con una certa insofferenza del padre Alfredo. Fu tra i promotori dell'agitazione per la riforma universitaria, che parte da Torino e si diffonde in Italia. Caldeggia le proteste contro la riforma di Giovanni Gentile e aderì all'alleanza universitaria antifascista. Lottava con coraggio e umiltà contro il dispotismo mussoliniano con sprezzo del pericolo, nel settembre 1921, al congresso nazionale a Roma per il cinquantenario della Gioventù Cattolica, difense la bandiera del circolo contro l’aggressione di camice nere. Partecipò come delegato al drammatico congresso del Ppi di Torino del 1923 dove si consumò la spaccatura tra coloro che volevano l’accordo con Mussolini e quelli, come lui, che si opponeva. La sua opposizione si manifestava anche nelle lettere: «Il fascismo esercita la violenza e il popolo è oppresso». Dopo il delitto Matteotti parlava di «cose mostruose, che capitano in Italia. Si vive agitati non sapendo a che cosa si andrà incontro. Solo la fede ci dà la possibilità di vivere». In «Appunti per un discorso sulla carità» descrive le rovine materiali e morali della guerra e auspica la rigenerazione della società «affinché possa spuntare un'alba radiosa, in cui tutte le nazioni riconosceranno per loro Re Gesù Cristo». Al trionfo del fascismo, se la prese contro «questi girelli, che quotidianamente si vendono al fascismo, come ha fatto “Il Momento”», il quotidiano cattolico diventato filofascista. Alla sua morte, causata da una poliomielite fulminante, il 4 luglio 1925, nel giorno dei suoi funerali, nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie nel quartiere nobile della Crocetta, una folla immensa di persone povere, umili, gli ultimi tra gli ultimi lo salutava e lo ringraziava. Per la sua autenticità e bellezza Pier Giorgio Frassati è universalmente considerato uno dei “santi sociali” torinesi e dei giovani di tutto il mondo, presente nelle giornate mondiali della Gioventù da sempre. La sua famiglia in particolare la sorella Luciana Frassati ha dedicato la sua centenaria vita nel ricostruire le virtù umane e spirituali del fratello che è modello di santità e vive nella pace di Dio padre.

( 13 luglio 2025 )

Protagonisti del '900

Pier Giorgio Frassati Santo Sociale

Il giovane torinese che pensò la politica come la più alta forma di carità sarà dichiarato santo il prossimo anno

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