Tano Cariddi è impresso nell’immaginario televisivo italiano come il perfetto signore del male, il villain per eccellenza. Non la semplice risposta nazionale al Blofeld di James Bond. Ben di più. Un’incarnazione della materia di cui sono fatti i dannati. Con una propria densità psicologica, dalle infinite sfaccettature, non esclusa perfino la pietà. E tutto si deve all’interpretazione di Remo Girone. Nella saga della Piovra si sono avvicendati in tanti a tenergli testa. Michele Placido, Vittorio Mezzogiorno, Raoul Bova. Personaggi di un macabro carnevale della criminalità assoluta, irredimibile, invincibile. Quella di cui poteva tenere le fila solo un avatar satanico, Tano Cariddi. Identificato dal pubblico con Remo Girone, che dichiarò: «Ho sempre invidiato i pazzi... sono le persone più fortunate di questo mondo, perché non hanno la consapevolezza dello schifo che li circonda!»
E c’era della follia in Tano Cariddi: il suo disegno di potere presto travalica il mero obiettivo della ricchezza, degli affari sporchi di sangue, del controllo da esercitare sulla megafinanza, per diventare l’irrazionale desiderio dell’immoralità elevata a paradigma della propria esistenza.
Tecnicamente, però, sul piano della fiction, quel ruolo s’incolla addosso a Girone e ne fa ciò che negli Stati Uniti si chiama “character”, che sta qualche gradino al di sotto dello “starring”, il protagonismo. Troppo poco per un attore cresciuto con l’intento di emergere soprattutto sulla scena teatrale. Ci è riuscito lavorando con i maestri del palcoscenico, tra i quali Luca Ronconi, Orazio Costa e Peter Stein. Al cinema viene diretto perfino dal genio ungherese Miklós Jancsó. Di suo, inoltre, Girone vi aggiunge progetti grandiosi che non sempre troveranno lo sbocco ideale. Magra consolazione prestare la voce limpida e nel contempo cavernosa al doppiaggio. Illusioni perdute? Molte. Cause della depressione, da cui fu affetto a lungo, non solo dopo la chiusura della Piovra.
Viene spontaneo paragonare il suo ritiro finale nella casa dove viveva a Monaco, il principato, a quello di Grandi Vecchi rinunciatari. Non che la sua età fosse avanzata, secondo le nuove mappe anagrafiche e biologiche. Classe 1948. 76 anni. Ancora tutti da giocare nell’agone della rappresentazione, teatrale, televisiva e cinematografici. Il cedimento fisico ha avuto la meglio.