Fumarola ricorda che ”la lezione di Tarantelli, più attuale che mai, ci insegna che il dialogo sociale non è un ostacolo, bensì un acceleratore di cambiamento stabile ed equo. Ci ricorda che le riforme più durature e incisive nascono dal consenso largo, non dallo scontro, spesso sterile e ideologico, tra parti in competizione. Chiediamo alle imprese di investire sul lavoro, sulla qualità e sulla partecipazione: conviene, è un investimento sul futuro del Paese oltre che sul vostro. E agli altri sindacati confederali chiediamo di convergere nel perimetro di un fronte sociale riformista, che punti a costruire la frontiera di una nuova stagione di cooperazione trilaterale”.
Fumarola ha ricordato che nel 2023 il salario medio reale è calato di circa il 3% a causa dell'inflazione e di una produttività stagnante. ”Salari bassi vuol dire più diseguaglianze, domanda aggregata al palo, fuga di giovani talenti all'estero e freno agli investimenti nelle competenze. Non esistono scorciatoie: chi pretende di affrontare la questione con un salario minimo legale mistifica la realtà”. Osserva la leader Cisl: ”I salari orari non sono una variabile indipendente dell'economia e a deciderne la congruità deve essere l'incontro libero e autonomo delle relazioni industriali. Stabilire una cifra arbitraria, tanto più se indifferenziata e slegata dalla contrattazione, rischia di comprimere i salari medi, di far uscire migliaia di aziende da contratti nazionali che coprono oltre il 95% dei lavoratori e, nella fascia labour intensive, di aumentare il sommerso. La sola via è far crescere le retribuzioni insieme alla produttività. Puntare sulla contrattazione, combattere i contratti pirata con strumenti che già abbiamo e con il coinvolgimento del Cnel. Chi vuole dare ai partiti il potere di decidere sui salari o sulla rappresentanza non fa un buon servizio né ai lavoratori né alla democrazia di questo Paese”. La Cisl propone di ”detassare in modo strutturale il lavoro e rinnovare tempestivamente i contratti nazionali, ma soprattutto diffondere e valorizzare la contrattazione di secondo livello; istituire per ogni lavoratore il diritto alla contrattazione decentrata, intervenendo con il livello territoriale dove non si applicano accordi aziendali. Sarebbe un passo fondamentale per andare oltre quel 30% scarso di copertura attuale e per ottenere aumenti retributivi collegati anche a diffuse e concrete forme di partecipazione. Attraverso relazioni industriali avanzate dovremo costruire meccanismi condivisi per ragionare a obiettivi, misurando in modo nuovo la produttività e definendo regole chiare e trasparenti a livello settoriale”. Inoltre ”è necessario investire in un secondo binomio fondamentale: innovazione e formazione - ha aggiunto - pensiamo di dar vita a un vero e proprio passaporto da utilizzare lungo tutto l'arco della vita lavorativa, in ogni transizione tutelata. Serve uno sforzo senza precedenti sulle politiche attive, con il completamento e il buon utilizzo delle risorse connesse al programma Gol”. Ma al centro di tutto ”deve esserci una grande e rinnovata sinergia sulla salute, sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro: siamo di fronte a una vera emergenza sociale: in Italia continuano a morire sul lavoro in media tre persone ogni giorno. A queste tragiche morti si aggiungono centinaia di migliaia di infortuni gravi e di malattie professionali. Su questo terreno non ci si può dividere: istituzioni, imprese e sindacati devono fare fronte comune per fermare la strage quotidiana”.
Fumarola si dice preoccupata per il post-Pnrr: ”Il 2026 è dietro l'angolo, non possiamo arrivare a questa scadenza senza un progetto, una visione strategica per il dopo. Serve un accordo che definisca le strategie per aumentare integrazione sociale e produttività, assicurando la crescita per gli anni a venire attraverso investimenti in nuove tecnologie e capitale umano per evitare l'arretramento del sistema economico e del welfare”.
Preoccupazione raccolta da Raffaele Fitto, commissario europeo e vice presidente esecutivo per la Coesione e le Riforme: ”Siamo nella fase del Pnrr, nel pieno della programmazione dell'attuale bilancio 2021-2027 e nella fase di avvio della discussione 2028-2034. La revisione del Pnrr sembrava una cosa impossibile, ma oggi si va nella direzione di creare flessibilità dello strumento e adeguare i piani degli Stati membri rispetto alle diverse esigenze”. Il Pnnr italianao ”è nella fase finale dell'approvazione dell'ultima revisione: l'Italia ha ottenuto il pagamento di sette rate su dieci. L'ottava è in via definizione. In questi giorni dovrebbero essere verificati gli obiettivi raggiunti entro la fine dell'anno. La revisione implementa il raggiungimento della nona e decima rata”.
In un videomessaggio Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, ha affermato che ”il percorso del Pnrr ha insegnato una lezione davvero molto importante: quando l'Italia riesce a fare sistema, quando smette di muoversi per frammenti, può ottenere risultati che sembravano davvero impensabili. La sfida vera inizia ora: il post Pnrr sarà decisivo per capire se le trasformazioni avviate usciranno davvero anche a radicarsi nella struttura economica e sociale nel nostro Paese”. Per tutto questo ”servirà anche la partecipazione nei luoghi di lavoro, una delle chiavi della produttività moderna”.
Confartigianato, Confcooperative e Confindustria condividono la proposta Cisl di un grande patto. Ma, osserva il vicepresidente di Viale Dell’Astronomia Maurizio Marchesini, ”ogni proposta deve confrontarsi con un tema imprescindibile che è la competitività del sistema produttivo, messo alla prova da un mercato globale sempre più aggressivo e dalla sfida della triplice transizione - ambientale, digitale, demografica - che sta ridisegnando le nostre imprese e la nostra società in modo profondo”. Per Marchesini ”la competitività non può essere affrontata solo in chiave nazionale, la partita si gioca in Europa. Molte leggi che impattano sulle imprese nascono a Bruxelles e vanno gestite senza sacrificare valore e capacità produttiva. Poi, la competitività richiede un impegno politico convinto e di lungo periodo. Un Patto che coinvolga anche il Governo deve necessariamente avere un orizzonte temporale medio-lungo: solo così possiamo dare stabilità e prospettiva alle imprese e ai lavoratori. Infine, dobbiamo essere consapevoli dei limiti strutturali del nostro sistema produttivo, dove il 5,5% delle imprese e i 10 milioni di lavoratori in esse occupati finanziano una quota preponderante dei servizi pubblici e del sistema di welfare da cui dipendono oltre 50 milioni di persone. Nel definire un patto di responsabilità non si può non tener conto di questi dati e dell'elevata pressione fiscale e contributiva che grava su imprese e famiglie”. Detto questo ”non saremo sempre d'accordo ma la bussola deve essere comune”.
Aprendo il convegno il Presidente del Cnel Renato Brunetta aveva sottolineato: ”Dentro questa fase storica così difficile per fortuna qualcuno come la Cisl pensa in grande: avviare un cammino della responsabilità per un nuovo patto in Italia e in Europa. Dobbiamo applicare a questo patto lo spirito costituente del Codice di Camaldoli. Questo Paese è stato poi capace di costruire patti e percorsi d'incontro tra corpi intermedi e governi. Dal lodo Scotti, all'accordo che portò al decreto di San Valentino, al protocollo Ciampi”.
Giampiero Guadagni
