L'analisi condotta a livello di Ambiti Territoriali Sociali (Ats) mette in evidenza, tuttavia, forti disomogeneità, non solo tra le diverse ripartizioni geografiche, ma anche all'interno delle stesse Regioni e dei singoli contesti locali. La distanza tra l'Ats con la spesa pro-capite più elevata e quella con la più bassa supera di oltre tre volte il valore medio nazionale (462 euro). Emergono forti squilibri tra i Comuni capoluogo e quelli di cintura, che evidenziano un potenziale divario centro-periferie, peraltro analogo a quello fra i Comuni di grandi dimensioni e di piccole dimensioni. Il 52% dei ”micro-Comuni” si colloca al disotto dei fabbisogni standard.
Nel lungo periodo (2003-2022), l'analisi delle variazioni assolute di spesa per ripartizione geografica evidenzia alcuni segnali di parziale riequilibrio tra i territori. La spesa sociale territoriale è infatti cresciuta in misura più sostenuta nel Sud (+95%) e nelle Isole (+93%), in linea con la media nazionale nel Centro (+71%), mentre ha registrato incrementi più contenuti nel Nord-Est (+62%) e nel Nord-Ovest (+63%). I territori che appaiono maggiormente esposti a rischi strutturali continuano comunque ad essere quelli del Mezzogiorno, dove la crescita della spesa non è ancora sufficiente a compensare i ritardi accumulati, oltre ad alcune aree del Centro e del Nord caratterizzate da declino demografico e stagnazione della spesa sociale. Particolare attenzione - spiega il Cnel - andrà riservata agli ambiti di piccola dimensione, spesso collocati in aree periferiche o montane, dove la combinazione tra spopolamento e debolezza organizzativa rischia di compromettere la sostenibilità nel tempo dei servizi sociali. Fondamentale è sostenere la cooperazione intercomunale e accelerare la piena attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali. I dati rivelano come il quadro non sia uniformemente negativo per le regioni meridionali. In diversi ambiti funzionali emergono realtà del Sud caratterizzate da livelli di spesa pro-capite o per potenziale utente di riferimento superiori alla media nazionale, a testimonianza di una capacità di intervento e di allocazione delle risorse più efficace di quanto comunemente si ritenga. Nel settore delle adozioni e dell'affido dei minori, ad esempio, a fronte di una media nazionale di spesa per minore residente pari a 10 euro, alcune Ats delle regioni meridionali raggiungono valori superiori a 16 euro. Per quanto riguarda l'assistenza domiciliare alle persone con disabilità, a fronte di una media nazionale di 341 euro pro-capite, molte Ats del Sud destinano risorse superiori ai 600 euro, segnalando un'attenzione particolare verso la domiciliarità. Anche nell'area degli interventi per gli anziani si riscontrano performance sopra la media in alcune realtà del Mezzogiorno. Questi risultati invitano a superare una lettura meramente dicotomica del divario Nord-Sud e a riconoscere la presenza di esperienze territoriali virtuose anche in contesti tradizionalmente considerati più deboli. La gestione dei servizi - continua l'analisi - resta caratterizzata da una marcata frammentazione. Nella stragrande maggioranza dei casi, la spesa continua infatti a essere gestita dai singoli Comuni, che nel 2022 hanno amministrato in media il 67% del totale. Laddove sono presenti entità associative autonome tra enti locali l'allocazione della spesa sociale risulta più stabile e costante, indipendentemente dalla situazione finanziaria dei singoli bilanci comunali. Ciò suggerisce che tali forme organizzative, dotate di una propria autonomia gestionale e bilancio, siano in grado di garantire una maggiore resilienza del sistema dei servizi sociali territoriali.
Sottolinea il consigliere Alessandro Geria, coordinatore dell'Osservatorio del Cnel sui servizi sociali territoriali: ”Nel Paese emerge un bisogno crescente di politiche sociali, che debbono rappresentare un vero e proprio pilastro del nostro sistema di welfare. Lo dimostra il fatto che, pur crescendo, la spesa sociale risulta ancora insufficiente, ferma a mezzo punto di Pil e che le persone utenti dei servizi con una cartella sociale sono in aumento, superando quota 2 milioni e 300 mila, di cui oltre un terzo bambini e nuclei familiari con figli, cui vanno aggiunti tutti i beneficiari di servizi che non richiedono una presa in carico”. Osserva ancora Geria: ”Ragionare a 25 anni dalla Legge 328/2000, che ha istituito il sistema integrato di servizi sociali territoriali, significa non ridurre le politiche sociali all'automatica somma di interventi e prestazioni e considerare che questo segmento delle politiche pubbliche ha bisogno di un ecosistema in cui istituzioni, parti sociali e terzo settore dialogano e programmano insieme le strategie per contrastare il disagio e favorire il benessere di persone e famiglie”.
Giampiero Guadagni
