La pressione è un privilegio, ama ripetere Billie Jean King, ex tennista. Chiedete a Bart De Wever come si sente a essere palleggiato da una parte all’altra della rete, da Ursula von der Leyen e Vladimir Putin. L’utilizzo dei beni russi congelati, per finanziare guerra e pace in Ucraina stanno togliendo il sonno al primo ministro belga. Pressioni legittime, si dirà. Che però si stanno trasformando in minacce, neanche tanto velate. A Rue de la Loi, sede dell’esecutivo belga, si sono messi di traverso da tempo sulla proposta di recuperare 140 miliardi di Mosca e servirli su un vassoio d’argento a Volodymyr Zelensky. La proposta della Commissione europea prevede un fondo da 90 miliardi per rafforzare il bilancio e a finanziare le spese militari, consentendo all'Ucraina di avviare i negoziati in una posizione più favorevole. Secondo von der Leyen, sono possibili due scenari. Il primo prevede l'utilizzo di asset russi detenuti presso Euroclear, e di asset di minore entità depositati in altri Paesi europei. Una soluzione che non richiederebbe nemmeno l'unanimità, ma solo una maggioranza qualificata (il 55 per cento degli Stati membri che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione dell’UE). Che è un po’ come dire che il piccolo e litigioso Belgio (la regione di Bruxelles-Capitale è senza governo da 545 giorni, record mondiale che ha superato il primato dello stesso esecutivo federale belga nel 2010) non conta nulla. De Wever l’ha presa come una minaccia personale, dopo la sua lettera inviata a Ursula, in cui definiva l’idea di scongelare i beni russi “fondamentalmente errata”. E qui s’impone, come alternativa al “no” del Belgio, il secondo scenario, secondo cui tutti i Paesi europei potrebbero prestare soldi all'Ucraina. A questa seconda ipotesi a opporsi è l’Ungheria e anche altre cancellerie, molto critiche nei confronti dei prestiti europei congiunti. La soluzione resta complicata, anche perché in questo caso è necessaria l’unanimità. E proprio per questo, allora, la sensazione è che si sia creata una alternativa che in realtà non esiste, perché Ursula vuole puntare diritta sullo scongelamento del denaro russo. Il cerino, dunque, torna nella mani di Bart. “Non accetteremo mai di assumere da soli il rischio di centinaia di miliardi, né oggi, né domani, mai. Non possiamo chiedere al Belgio di fare l’impossibile”, ha detto venerdì, alla Camera, De Wever. I cui grattacapi (eufemismo) non arrivano solo da Rue de la Loi, che è sede del suo governo, ma anche della Commissione europea. Da giorni il premier assicura che “Mosca ci ha fatto sapere che se gli prendiamo i suoi soldi, il Belgio e io ne sentiremo il peso per sempre”. Il governo, ammette l’ex colonnello ed esperto di difesa Roger Housen, “ha ragione a essere preoccupato”, perché “è chiaro che se il nostro Paese dovesse fare questo passo, o fosse costretto a farlo sotto la pressione di alcuni Stati europei o di Washington, la Russia reagirebbe su più fronti”, dice a 7sur7. Secondo gli ambienti militari belgi, Mosca potrebbe rispondere in 2 modi. Prima contestando legalmente la proposta UE, avviando una serie di ricorsi nei tribunali belgi e procedimenti che potrebbero durare anni. E poi con “azioni ibride”, lanciate nel giro di poche settimane: droni, attacchi informatici, campagne di disinformazione sui social media, sabotaggi o persino attacchi contro impianti di trattamento delle acque reflue, cavi internet o i fari nel Mare del Nord. Nella partita con l’UE, tutto ruota attorno alle garanzie che il Belgio pretende dagli altri 26, nel caso in cui la Russia dovesse un giorno reclamare questo denaro. Secondo Von der Leyen, "quasi tutte le obiezioni belghe sono state prese in considerazione". Pertanto, non sarebbe possibile recuperare i fondi tramite una sentenza emessa da un tribunale al di fuori dell'UE. E se ciò dovesse accadere, entrerebbe comunque in gioco un “meccanismo di solidarietà” per distribuire i rischi tra tutti gli Stati membri. Ma il governo belga sostiene che tutto questo sia ancora insufficiente e vuole garanzie giuridicamente solide. Anche per il futuro, in caso di nuovi equilibri di potere all’interno dell’UE (l’ipotesi più comune che si fa è: se Marine Le Pen arriva all’Eliseo, sarà possibile contare ancora su questa solidarietà?). La Commissione dice di comprendere le preoccupazioni di Rue de la Loi, ma gli altri Stati membri ribattono che è impossibile proteggersi in anticipo da tutti i rischi.
Pierpaolo Arzilla

