Steve Jobs ci aveva promesso che i computer sarebbero stati delle “biciclette per la mente”; ciò che abbiamo ottenuto invece sono delle catene di montaggio per lo spirito. Tutto appesantito, come i vestiti nuovi del capitalismo, i cui tessuti sono sempre meno trasparenti. Pensiamo all’identity card promossa dal premier britannico Starmer, che sfida le radici della libertà inglese che impedisce persino alla polizia di “prendere le generalità”. O alla videosorveglianza cinese. Ma questa è una storia made in Italy. Eravamo tutti in ferie, ma la scienza non aspetta. E così, a fine luglio un gruppo di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma ha annunciato di aver sviluppato una tecnologia che apre scenari inquietanti nel campo della sorveglianza: grazie a questa tecnologia, sarebbe possibile identificare e seguire una persona utilizzandone unicamente i segnali Wi-Fi, ma senza che questa porti con sé uno smartphone, uno smartwatch o qualsiasi altro dispositivo elettronico. Solo un’altra ragione per fare le valigie e vivere nei boschi? Ma forse non basterebbe neppure questo, o si potrebbe evitare di stare tra l’emettitore e il ricevitore. Tutto da valutare, perché se l’emettitore ha una super potenza, c’è poco da sfuggire. Il router trasmettitore contiene una singola antenna, mentre quello ricevitore ne contiene tre: il sistema, battezzato “WhoFi”, si basa in realtà su un principio semplice ma complesso da realizzare: ogni corpo umano, con la sua massa e le sue caratteristiche fisiche uniche, interagisce con le onde radio in un modo specifico. La tecnica alla base di questa scoperta è nota come Channel State Information (Csi), un insieme di dati che descrive come un segnale wi-fi venga modificato mentre attraversa un ambiente. Potremmo immaginarlo come un’eco digitale: quando le onde radio emesse da un router ci colpiscono, vengono riflesse, assorbite e distorte in una maniera che dipende dalla nostra corporatura, dalla postura e persino dal modo in cui ci muoviamo. Il team di ricerca, composto da Danilo Avola, Daniele Pannone, Dario Montagnini ed Emad Emam, ha messo a punto un sistema basato su reti neurali e AI in grado di analizzare queste sottili alterazioni del segnale. Ecco come funzionerebbe. L’AI impara a riconoscere la “firma” unica che ogni individuo imprime sulle onde wi-fi, creando di fatto un’impronta biometrica aerea. I risultati sono sorprendenti: utilizzando un dataset pubblico, il sistema Who-Fi è stato in grado di re-identificare correttamente le persone con un’accuratezza che arriva fino al 95.5%. Piacerebbe molto ai cinesi. Ma stavolta li abbiamo superati, dato che questo approccio rappresenta un cambiamento di paradigma rispetto alla sorveglianza tradizionale. A differenza delle telecamere, infatti, i segnali wi-fi non sono influenzati dall’illuminazione, possono attraversare i muri e non catturano immagini riconoscibili, un aspetto che a prima vista potrebbe sembrare un vantaggio per la privacy. Tuttavia, la capacità di tracciare passivamente le persone solleva interrogativi profondi, specialmente perché la tecnologia per farlo è sempre più diffusa. Gli anni della pandemia sono stati particolarmente proficui per la ricerca: la base per queste applicazioni è stata infatti gettata già nel 2020 con l’approvazione - pensa un po’, mentre noi ci dibattevamo tra tamponi e mascherine - dello standard Ieee 802.11bf, e la stessa Wi-Fi Alliance sta oggi promuovendo attivamente l’idea del “Wi-Fi Sensing”, che trasforma i router da semplici punti di accesso a veri e propri sensori ambientali. Sistemi precedenti come “EyeFi” avevano già esplorato questa via, ma con un’accuratezza molto inferiore, ferma al 75%. Gli umani possono oggi essere rintracciati con un’ “impronta digitale” unica basata su come i loro corpi bloccano i segnali wi-fi. Ovunque tu vada, insomma, lasci dietro di te una moltitudine di dati e informazioni. Lo studio è stato pubblicato su https://arxiv.org/html/2507.12869v1 ed è ancora disponibile. Il sistema ha dimostrato di non essere influenzato neppure da fattori esterni come l’abbigliamento o la linea visiva. Anche i muri non hanno rappresentato una barriera, poiché il metodo non si basa sul contatto visivo, ma sul modo in cui le onde radio interagiscono con le strutture interne del corpo, come le ossa. Un dato che solleva anche nuove preoccupazioni. Chiunque trasmetta segnali Wi-Fi potrebbe quindi condividere inconsapevolmente informazioni sulle persone vicine, anche se queste non hanno con sé alcun dispositivo. Utile in casi di emergenza, ma con rischi di sorveglianza indesiderata, invisibile, indesiderata o addirittura illegale. In pratica, WhoFi può essere molto utile, ad esempio per monitorare aree sensibili o critiche per la sicurezza, ma senza consenso: il vostro corpo è diventato un’antenna biometrica ambulante che lascia tracce elettromagnetiche ovunque. Ogni rete WiFi può ora riconoscervi istantaneamente, senza che ve ne accorgiate. Quando le onde radio attraversano il corpo umano, subiscono modifiche specifiche legate alla struttura fisica individuale: densità ossea, composizione corporea, persino la forma degli organi interni creano una firma elettromagnetica unica. La tecnologia utilizza una rete neurale profonda di tipo Transformer, la stessa architettura che alimenta ChatGpt, per analizzare questi pattern radio complessi. Negli Usa, intanto, con il pretesto del “controllo dell’immigrazione” sono stati creati nuovi poteri che consentono al Dipartimento per la Sicurezza Interna (Dhs) di raccogliere materiale genetico su larga scala. I dati del Dna non sono come le impronte digitali. Rivelano molto di più: malattie, predisposizioni genetiche, relazioni familiari e origini. L’obiettivo è chiaro: un database genetico universale contenente tutti i cittadini statunitensi e, a lungo termine, anche i visitatori stranieri. Il database genetico non è solo un progetto tecnico. È la pietra angolare di una società biopolitica in cui le persone non sono più semplici cittadini, ma oggetti biometrici . Una prassi che si sta diffondendo in tutto il mondo. Il futuro distopico è ormai presente.
Raffaella Vitulano

