Dopo 10 anni di assenza ritorna a Milano Maurits Cornelis Escher, uno degli artisti più interessanti e visionari del Novecento, con una mostra interamente dedicata a lui dal taglio originale e nuovo, in cui si ripercorre l’e voluzione del suo linguaggio visivo, con i suoi rimandi al mondo della grafica, della matematica, della geometria, del design, delle arti decorative e dell’antropologia, in una continua sfida intellettuale al senso comune, capace di affascinare ieri come oggi un pubblico dai gusti ed interessi diversi. Allestita presso il MUDEC dal 25 settembre all’8 febbraio 2026 con l’autorevole curatela di Claudio Bartocci, Docente di geometria e storia della matematica presso l'Università di Genova (a cui si devono gli approfondimenti dei legami tra arte, matematica e scienza), Paolo Branca, Professore di Lingua e Cultura Araba presso l’Università Cattolica di Milano (che ha indagato il rapporto tra l’artista e l’arte islamica) e Claudio Salsi, Docente di Storia del Disegno, dell’Incisione e della Grafica presso l’Università Cattolica di Milano (che ha svolto un affondo sulla produzione grafica di Escher), la mostra vuole mettere in evidenza non solo il ben noto rapporto tra arte e matematica, di cui Escher si fa interprete a livello intuitivo e percettivo, ma anche l’influenza della cultura islamica (a cui l’artista olandese si avvicina attraverso le decorazioni dell’Alhambra di Granada e della Mezquita di Cordova) sulla costruzione dell’uni verso grafico che caratterizza il suo stile distintivo, non solo a livello artistico, ma anche all’in terno della sua vasta produzione commerciale.
L’allestimento, costituito da 90 opere tra incisioni, acquerelli, xilografie e litografie, oltre a 40 oggetti islamici di confronto, provenienti dal Kunstmuseum Den Haag e da istituzioni museali milanesi come il Mudec e Castello Sforzesco, è suddiviso in 8 sezioni e si presenta come un viaggio cronologico della vita e nella carriera artistica di Escher, a partire dagli esordi influenzati dall’Art Nouveau, alla scoperta dei paesaggi italiani, fino alla piena maturità, in cui M.C. Escher sviluppa un sofisticato uso di tassellazioni, cicli metamorfici, illusioni ottiche e rappresentazioni dell’infinito.
Nato nel 1898 a Leeuwarden e cresciuto ad Arnhem, dopo alcuni insuccessi scolastici, Escher sviluppa un forte interesse verso l’arte grafica come strumento di rappresentazione del mondo visibile. Si iscrive così alla Scuola di Architettura e Arti decorative di Haarlem dove si avvicina alle tecniche della xilografia e della litografia sotto la guida di Samuel Jessurun de Mesquita, esponente di spicco dell’Art Nouveau olandese, da cui eredita l’eleganza e l’essen zialità delle forme e la rappresentazione di soggetti naturalistici, come emerge da una delle prime incisioni effettuate su linoleum (materiale più morbido e di più facile lavorazione rispetto al legno) dal titolo “Uccelli” (1926) esposta nella prima sezione della mostra e che segna un passaggio importante nella carriera dell’artista, quando ad un profondo realismo egli unisce un crescente desiderio di astrazione, evidente nell’iniziale uso della “tassellazione”, elemento poi costante nella sua produzione. Nelle prime incisioni su linoleum, sono evidenti anche le influenze dell’arte di Hokusai, artista molto apprezzato nel suo ambiente famigliare, da cui riprende il fascino per le forme ricorrenti e dinamiche, rappresentate dalle onde.
Nel 1922 Escher compie un lungo viaggio in Italia, i cui paesaggi e ambienti naturali lo affascinano a tal punto da decidere nel 1923 di trasferirsi nel nostro paese, dove rimarrà fino al 1935. Ai suoi viaggi e all’I talia è dedicata la seconda sezione della mostra, in cui sono presenti una serie di scorci paesaggistici di borghi arroccati su costoni scoscesi, colline e montagne accanto a vedute della Città Eterna, in cui avviene una trasfigurazione mentale dei luoghi reali, rappresentati con uno sguardo geometrico e strutturale, introducendo quella che sarà la sua misura visiva successiva, tesa ad esplorare mondi invisibili e geometrie visionarie. In Italia vive probabilmente i suoi anni più felici; a Rovello conosce una ragazza svizzera che diventerà sua moglie e a Roma costruisce una casa in via Poerio , dove nasceranno due dei suoi tre figli. In questi anni crescerà il suo interesse per l’inci sione grazie ai suoi contatti con il Gruppo Romano Incisori Artisti. Nel 1926 a Palazzo Venezia a Roma viene organizzata la sua prima mostra da Federico Hermanin con una ventina di xilografie e una quarantina di disegni. A causa del clima politico sempre più oppressivo verso gli stranieri nel 1935 decide di lasciare l’Ita lia e si trasferisce in Svizzera. Il 1936 è un anno significativo per Escher, poiché durante un viaggio nel Mediterraneo visita per la seconda volta Granada, dove già era stato quattordici anni prima, e ritornato all’Alhambra ha l’opportunità di studiare in modo più approfondito le decorazioni moresche a tassellazione, che ricoprono le pareti del palazzo, determinando una svolta nel suo linguaggio espressivo, in cui viene introdotto lo studio del riempimento regolare del piano, cardine fondamentale della sua produzione successiva. In mostra la terza sezione evidenzia il primo approccio giovanile all’arte islamica che gli apre nuove prospettive formali senza tuttavia trasformare radicalmente il suo linguaggio. Le suggestioni dei motivi geometrici delle decorazioni murali e delle muqarnas dell’Alhambra incidono profondamente sullo sviluppo del gusto artistico di Escher, come emerge nella progettazione delle piastrelle per la pavimentazione del suo appartamento a Roma, in cui si può notare una meticolosa attenzione alle proprietà di simmetria, relative sia al disegno come al colore. Ad affascinarlo dell’arte islamica sono soprattutto i motivi geometrici e floreali tipici dei tappeti delle popolazioni nomade, così come la scrittura araba che da motivo decorativo devozionale diviene parte integrale dell’architettura.
Solo a partire dal 1937, grazie anche ad un’indicazione del fratellastro Berend, professore di geologia all’università di Leida, l’artista intraprende una ricerca sistematica sulle tassellazioni regolari del piano euclideo e sui corrispondenti 17 gruppi di simmetria e negli anni seguenti riempie i suoi taccuini e quaderni di una gran quantità di schemi e schizzi nei quali fa uso di un suo proprio originale sistema di notazione per caratterizzare i vari tipi di simmetria. Nella quarta sezione della mostra è evidente come a partire dalla seconda visita a Granada l’arte islamica, motivo di ispirazione dell’artista, sia ormai parte integrante del suo universo grafico, costituito da una propria e autonoma grammatica visiva, fondata sulla logica e sull’intuizione matematica.
Pur senza una formazione scientifica specifica, l’artista riesce a visualizzare concetti matematici complessi con sorprendente intuizione grafica, ribadendo il legame tra intuizione logica, arte e scienza, trasformando il suo linguaggio visivo in un ponte tra l’Occidente e l’Oriente. Bisogna infatti dire che la matematica innerva tutta la cultura non solo occidentale ma anche la “cultura altra” dall’e poca antica ad oggi, grazie al passaggio avvenuto nel corso della storia delle conoscenze matematiche tra oriente ed occidente, dai mesopotamici agli indiani (rappresentanti della cultura sanscrita classica), che ponevano la grammatica algebrizzata in cima ai saperi. Un’algebra che all’inizio del IX secolo arriva a Baghdad e poi nell’Occidente latino con le prime traduzioni del grande Al-Khwarizmi, autore del trattato “Algebra” (oltre che di un libro sul calcolo indiano, andato perduto, che sopravvive in alcune versioni del XI, XII secolo), da cui deriva il nostro termine algoritmo. Lo stesso Dante parla di geometria come di disciplina bianchissima, senza margine di errore. Quando si vedono le simmetrie nelle opere di Escher, bisogna pensare che sono il fotogramma di un’opera che deve essere immaginata in movimento, in trasformazione. Escher infatti a partire dalla fine degli anni Trenta approfondisce il tema delle trasformazioni, come si evince dalla quinta sezione della mostra, dando vita a opere in cui forme astratte geometriche o animate si evolvono gradualmente in altre, dando vita ad un flusso continuo. Le trasformazioni di Escher diventano un mezzo per esplorare concetti di tempo, spazio e infinito.
Ne è esempio pragmatico e prototipico “Metamorfosi”, opera in cui si parte da un indistinto grigio grafico con delle scritte da cui scaturisce la vita, prima geometricamente e poi con una rappresentazione architettonica di una città, per finire di nuovo in un grigio indistinto. Alla metamorfosi si riferisce in fondo l’idea centrale della matematica degli ultimi cento anni, interessata alle trasformazioni , non tanto agli oggetti ma alle loro relazioni. A partire dal 1954, grazie ai contatti con studiosi che, in occasione del Congresso Internazionale dei Matematici tenutosi ad Amsterdam, visitano la mostra a lui dedicata rimanendo profondamente colpiti, la ricerca di Escher si avvicina sempre più al mondo della matematica e il mondo dell’arte e della scienza si fondono in una visione rigorosa, inventiva e profondamente personale. Attraverso il suo intuito grafico, l’ar tista riesce a visualizzare concetti complessi come le simmetrie iperboliche, l’autosimilarità e i paradossi topologici, come si può notare nella sesta sezione della mostra nell’opera “Ordine e caos” o in “Nodi” in cui le forme si intrecciano come un nastro si intreccia su se stesso, in un abbraccio topologico dove l’inizio e la fine si perdono nell’illu sione dell’infinito. Ed è proprio al tema dell’infinito che è dedicata la settima sezione. Un tema questo che occupa una posizione centrale nella ricerca di Escher, che tenta ripetutamente di rappresentare l’illimitato all’interno dei confini finiti del foglio. Nelle sue tassellazioni iperboliche l’artista impiega geometrie non euclidee per costruire motivi che si ripetono in una sequenza potenzialmente infinita. Le figure si moltiplicano e si rimpiccioliscono man mano che si avvicinano ai bordi senza mai raggiungerli, suggerendo visivamente un limite che non viene mai superato. Decisivo per questo percorso è l’incontro con il matematico canadese Harold Coxeter, che lo porta alla creazione della serie “Limite del cerchio” ovvero “tassellazioni al limite”, espressione della sua riflessione sul concetto di eternità e ripetizione infinita. L’ultima sezione della mostra è dedicata al “Design e ai lavori su commissione”. Durante la sua vita Escher riceve numerose commissione che lo portano a confrontarsi con il mondo del design grafico. Egli realizza ex libris, illustrazioni, biglietti d’auguri, copertine di libri e riviste, motivi decorativi per carte regalo, per tessuti, banconote o edifici pubblici, fondendo arte ed artigianato in un prodotto commerciale, in cui il suo linguaggio visivo, ricco di simmetrie, tassellazioni, metamorfosi è inconfondibile.
Il binomio Arte e Scienza, che da anche il titolo alla mostra, va interpretato dunque come una congiunzione che realmente mette insieme queste due mondi, indispensabile a ciascuno di noi per leggere la realtà. Non è infatti possibile separare l’arte dalla scienza e questo lo dimostrano le opere di Escher, come lo sanno bene poeti come Paul Valéry, scrittori come Vladimir Nabokov, Italo Calvino e, prima ancora, Leonardo Sinisgalli che proprio nel 1935 aveva pubblicato “Furor Mathematicus”. Per entrare nello spirito di Escher non c’è nulla di meglio che riprendere questo concetto di “furor mathematicus”, che guidava la sua mano e la sua ricerca inesauribile, quel furor (entusiasmo) che gli antichi usavano per entrare a contatto con la divinità e che noi non possiamo dimenticare se vogliamo avvicinarsi alle sue opere.