L'Europa smette i panni del regolatore inflessibile e sceglie la via della semplificazione: "senza la motosega" di Elon Musk e senza cambiare i propri obiettivi climatici ma ascoltando i protagonisti dell'industria e degli affari. L'atteso Clean Industrial Deal dell'esecutivo di Ursula von der Leyen ha visto la luce - affiancato da un pacchetto omnibus per snellire la burocrazia e da un piano per abbassare le bollette energetiche - confermando le anticipazioni: meno vincoli ambientali per le imprese, norme per facilitare gli aiuti di Stato e l'opzione del Buy European sono le armi per rilanciare la competitività europea schiacciata da Stati Uniti e Cina.
"Vogliamo tagliare i legami burocratici che vi trattengono", ha assicurato la leader tedesca rivolgendosi direttamente rappresentanti industriali riuniti ad Anversa, portando con sé la promessa di un continente di innovazione e produzione industriale. L'ambizione non manca ma a scarseggiare sono i finanziamenti. Il commissario Ue per l'Energia, Dan Jorgensen, usa l'ironia per assicurare che alla Commissione europea si giuri sul report Draghi come altrove sulla Bibbia, ma la linea dell'ex premier sulla necessità di nuovi fondi per non precipitare in "una lenta agonia" sembra disattesa. Il piano prevede di mobilitare 100 miliardi di euro, una cifra ben lontana dalle necessità stimate dall'ex numero uno dell'Eurotower. E di soldi freschi, in realtà, se ne vedono pochi: soltanto un ulteriore miliardo di euro di garanzie nell'ambito dell'attuale quadro finanziario pluriennale e la promessa di lanciare una Banca per la decarbonizzazione su cui far leva per mobilitare la somma nei prossimi dieci anni.
"La trasformazione verso il green renderà la nostra industria grande: non 'great again', ma ancora più grande del passato", ha assicurato la vice di von der Leyen con delega alla transizione pulita, Teresa Ribera, replicando a distanza di giorni alle bordate di Donald Trump secondo cui il Green Deal "è un imbroglio". Ma se da una parte Bruxelles conferma la sua agenda di decarbonizzazione, dall'altra dà una spallata al suo maxi-testo simbolo della prima legislatura von der Leyen, alleggerendone il carico normativo sulle spalle delle aziende. Tassonomia, tassa sul carbonio alle frontiere, norme sulla sostenibilità aziendale e obbligo di rendicontazione: sono i quattro i tasselli legislativi che Bruxelles - sotto la pressione dell'industria e del Ppe della stessa leader tedesca - ora propone di snellire in quello che sarà soltanto il primo di una lunga serie di pacchetti di semplificazione che arriveranno nei prossimi mesi.
"Semplificazione non vuol dire deregultation: non stiamo cambiando i nostri target del Green deal, che rimangono dove sono", hanno scandito a più riprese Ribera e il commissario Ue all'Economia, Valdis Dombrovskis, presentando la tagliola burocratica finalizzata a ridurre del 35% gli oneri amministrativi per le Pmi entro il 2029, con un risparmio stimato di 6,3 miliardi di euro. Il rilancio della competitività industriale passa anche per costi dell'energia più bassi per le imprese, a cui Bruxelles dedica un piano ad hoc a neanche un anno dall'entrata in vigore della sua riforma del mercato elettrico. Palazzo Berlaymont stima che l'integrazione di queste misure porterà a un risparmio complessivo stimato di 45 miliardi di euro nel 2025, che aumenterà progressivamente fino a 260 miliardi di euro entro il 2040.
Ma migliaia di posti di lavoro dipendono da una rapida attuazione del Clean Industrial Deal. La Confederazione dei sindacati europea (Etuc) chiede che le misure incentrate sui lavoratori vengano anticipate con urgenza. In media si perdono 500 posti di lavoro al giorno e un numero ancora maggiore è in pericolo.
Rodolfo Ricci