Giovedì 2 ottobre 2025, ore 23:54

Medio Oriente

L'ultima possibilità (forse) per fermare i massacri a Gaza

Più tattica che strategia. Puntare al massimo per avere il minimo. E il minimo, in questo momento, è interrompere la carneficina. Nessuno, naturalmente, può sporcare la portata “storica” di quanto accaduto lunedì sera all’Onu. Il riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese da parte della Francia, fa seguito a quanto deciso da Australia, Regno Unito, Canada e Portogallo. Ed è importante perché coinvolge, per la prima volta, 3 Paesi del G7 (Francia, Canada e Gran Bretagna). Oggi 150 dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite tra cui grandi potenze come Cina, India e Russia (dal 1988), quasi tutti i Paesi africani e sudamericani, oltre a un numero crescente di Paesi europei, riconoscono lo Stato palestinese. E’ chiaro, però, che al di là degli intenti e delle prese di posizione ufficiali, la portata simbolica del beau geste di Macron, come sintesi ideale di quanto sta avvenendo in queste ore nelle cancellerie (e nel silenzio di Berlino), non servirà a molto. Usa e Israele restano con la guardia alta. I negoziati sono in stallo e Netanyahu non arretrerà di un millimetro. Da Parigi, Ottawa e Londra ci si aspettava un’apertura che è arrivata, ma serve solo a mettere un po’ di pressione a Gerusalemme, ammesso che la sentano. Per ora, infatti, nessuno ha annunciato l'apertura di un'ambasciata o il riconoscimento di una capitale palestinese. Al di là della necessità della soluzione due popoli-due Stati, come “unica via verso una pace e una sicurezza durature per i popoli palestinese e israeliano”, l’obiettivo di isolare Israele, come ribadito più volte dal ministero degli esteri francese, è finalizzato esclusivamente a fermare l’operazione militare a Gaza, “per consentire agli aiuti umanitari di entrare liberamente” nella Striscia. Fermare i combattimenti sarebbe già un trionfo. “Morte e distruzione ci terrorizzano tutti: devono finire”, ha chiesto Keir Starmer, deplorando “decine di migliaia di persone uccise” dall'esercito israeliano, compresi civili palestinesi “che cercavano cibo o acqua”. La condizione fondamentale posta dai capi di stato e di governo intervenuti all’Onu è lo smantellamento di Hamas, che “non può avere futuro, nessun ruolo nel governo, nessun ruolo nella sicurezza” della Palestina, ha scandito il premier britannico. Hamas, ha rincarato il suo omologo canadese Mark Carney, “ha derubato il popolo palestinese, lo ha privato della vita e della libertà e non può dettare il suo futuro”. A Ottawa non si fanno troppe illusioni, sull’impatto politico reale del riconoscimento della Palestina. “Non è una panacea, ma è comunque necessario - ha chiarito - di fronte al governo israeliano, “che si sta opponendo all’autodeterminazione del popolo palestinese”. Netanyahu, intanto, non sembra lasciare molti margini di manovra: “Ho un messaggio per voi: non ci sarà nessuno Stato palestinese a ovest del Giordano”. Londra ha messo in guardia Gerusalemme dal non annettere la Cisgiordania come rappresaglia per il riconoscimento dello Stato palestinese da parte del Regno Unito. “La nostra decisione”, ha detto il segretario agli esteri, Yvette Cooper, “è il modo migliore per rispettare la sicurezza di Israele dei palestinesi, proteggere la pace, la giustizia e la sicurezza del Medio Oriente”.
Pierpaolo Arzilla
 

( 23 settembre 2025 )

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