Venerdì 9 maggio 2025, ore 9:10

Scenari

Le multinazionali amano il potere e lo esercitano tramite i governi

Basta guardare i profili dei leader europei per capire dove stiamo andando. Emmanuel Macron legato alla galassia Rothschild. Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha avuto posizioni di vertice in BlackRock e spingerà per l’ingresso dei grandi fondi nella proprietà delle aziende tedesche, considerando che è stato anche membro del consiglio di vigilanza della Borsa tedesca, senza grande preoccupazione per l’evidente conflitto d’interessi. Il capitalismo finanziario globale punta ad accrescere la propria presenza europea anche con Mark Carney, ex governatore delle banche centrali di Canada e Inghilterra. Sir Keir Rodney Starmer ha saputo giocare le sue carte stringendo accordi con Kiev una settimana prima dell’inizio della guerra e oggi conterebbe su un’intesa che gli garantirebbe lo sfruttamento delle risorse naturali in Ucraina ben prima delle mire di Trump. E intanto nella panchina di Davos scalpita la scuderia degli Young Global Leaders, la classe politica selezionata dal World Economic Forum. A chi festeggia le perdite in Borsa per 240 miliardi di dollari dei mega miliardari come Zuckerberg, Bezos, Musk, occorrerebbe ricordare che la strategia di Donald Trump è proprio quella di sgonfiare la borsa ed intaccare la plutocrazia come sistema. I miliardari erano ben consapevoli di perdite azionarie quando il Ministro del Tesoro di Trump, Bessent, ha annunciato di dover riequilibrare, di dover passare per un “periodo di disintossicazione”. Bessent ha citato una ricerca di Moody’s Analytics che mostra come al 10% degli americani più ricchi (con redditi di oltre 250mila dollari l’anno) sia ormai riconducibile più della metà di tutta la spesa per i consumi. Le statistiche, riportate dal Wall Street Journal, dimostrano che le famiglie americane più ricche non solo spendono di più, ma accumulano anche più risparmi. Non è vero che la borsa dipende da come va l’economia. Una volta era così. Adesso - spiega Zibordi - l’economia dipende da come va la borsa. Se il 20% dei ricchi riduce la spesa, tutta la spesa o domanda si ferma. Le aziende assumono e fanno investimenti solo quando le quotazioni di borsa salgono”. L’economia reale deve dunque riprendersi, ai danni della finanza se necessario, ma i poteri vetero coloniali europei si sentono minacciati e per difendersi non esitano a minacciare i popoli, con l’eterno ritorno della propaganda: sono gli stessi privilegiati apicali che a morire in guerra non ci andranno mai. Ed ecco come il capitale resta al potere nel XXI secolo. Naked Capitalism ricorda che il capitalismo moderno ci spiega come i non-proprietari di capitale debbano vendere la loro manodopera come condizione di sopravvivenza (o dipendere dalla gentilezza di detti capitalisti, come la fornitura di programmi di assistenza sociale). Robert Heilbroner ha identificato questa tendenza nel suo libro del 1988, Behind the Veil of Economics. Un focus importante era il contrasto tra la fonte della disciplina nel feudalesimo e nel capitalismo. Il signore aveva anche degli obblighi nei confronti dei suoi servi, quindi questa relazione non era così unilaterale come quella ai nostri giorni, in cui la struttura del potere nel capitalismo è molto meno ovvia. Allo stesso modo, il saggio fondamentale di Mikhail Kalecki sugli ostacoli politici al raggiungimento della piena occupazione (che nel 1944 prevedeva tassi di interesse negativi e un reddito di cittadinanza) spiegava perché i capitalisti non volessero la piena occupazione, anche se avrebbero guadagnato di più rispetto a un po’ di disoccupazione: volevano il potere sui lavoratori che un esercito di riserva di disoccupati avrebbe assicurato, e volevano anche una maggiore distanza sociale (come una maggiore disuguaglianza) di quanta probabilmente ne sarebbe derivata con la piena occupazione. Il capitale funziona come una forma di potere organizzato piuttosto che semplicemente come un bene economico produttivo. Jonathan Nitzan, economista politico e professore canadese noto per il suo approccio critico allo studio del capitale come potere, è il co-sviluppatore della teoria del capitale come potere: il capitale non è un bene economico produttivo, ma uno strumento di potere organizzato utilizzato per controllare e modellare le relazioni sociali. Questa teoria sposta l’attenzione dalla crescita economica e dalla produttività ai modi in cui le strutture di potere mantengono e persino aumentano il valore monetario dei beni. Blair Fix - economista politico e ricercatore canadese noto per il suo lavoro interdisciplinare sulla disuguaglianza economica, l’energia e la struttura del potere sociale - sfida le teorie economiche tradizionali della crescita evidenziando i vincoli fisici ed energetici dei sistemi economici. Michael Hudson - economista e professore di economia americano, divenuto famoso per la sua critica della finanza moderna, del debito e delle strutture economiche che perpetuano la disuguaglianza - si concentra sulla redistribuzione della ricchezza e nel controllo sociale. Tim Di Muzio, economista politico canadese che lavora in Australia presso l'Università di Wollongong - condivide con Jonathan Nitzan l’approccio in base al quale il capitalismo non è un modo di produzione e consumo ma un mero modo di potere. Il potere domina il capitalismo. Pensiamo al panorama aziendale odierno governato da grandissime coalizioni aziendali sostenute dallo Stato. L’ascesa dell'America alla potenza industriale è stata caratterizzata da salari crescenti - non da sfruttamento diretto - istruzione gratuita, assistenza sanitaria e servizi pubblici, infrastrutture pubbliche. Nella sua forma astratta, il capitale è semplicemente valore di mercato. È finanza e solo finanza. Non esiste una cosa come capitale industriale o finanziario, ma la capitalizzazione dei guadagni futuri attesi aggiustati per il rischio. E questo è tutto. Le corporation non sono entità industriali, sono solo entità legali. E come entità legali, non si occupano di produzione. Semplicemente la controllano. La dirigono nel sabotaggio radicato nei processi di fusioni e acquisizioni; nei processi di stagflazione; nell’obsolescenza programmata dei prodotti; nei diritti di proprietà intellettuale che controllano gran parte di ciò che accade; nella violenza istituzionalizzata; nella distruzione ambientale; nell’imperialismo; nella guerra; nelle politiche economiche o nella mancanza di politiche economiche; nella tassazione e nei contratti differenziali; nella manipolazione politica e nel lavaggio del cervello. La fonte del potere, insomma, è il potere dei creditori, il potere finanziario che si trasforma in proprietà terriera e proprietà del potere di possedere. Il capitalismo è diventato più adattabile di altre forme di relazioni di potere. Gli economisti politici tendono a pensare al capitale come a un’entità reale-materiale-tecnologica. Ma ai capitalisti non importa nulla dei mezzi di produzione materiali in quanto tali. Per loro, il capitale è uguale a una cosa e una cosa soltanto, che è la capitalizzazione di mercato; e il capitale rappresenta il potere e solo il potere. La base di questa affermazione inizia con una separazione logica, proposta per la prima volta da Thorstein Veblen, tra ciò che lui chiamava “industria” e “business”. Sosteneva che non sono affatto la stessa cosa. La forza motrice del capitalismo non è il piacere edonistico, e non è l’accumulo di sempre più mezzi di produzione reali. Invece, è il potere per il potere. 
Raffaella Vitulano

( 20 marzo 2025 )

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