Due mesi per un ribaltone. A inizio settembre, la sconfitta alle legislative di Buenos Aires sembrava l’inizio della fine per Javier Milei, indebolito dai casi di corruzione e di candidati esclusi per legami con il narcotraffico, e soprattutto da una crisi economica che ha richiesto l’intervento degli Stati Uniti a fine settembre, con un prestito senza precedenti di 40 miliardi di dollari, 20 sotto forma di swap valutario e il resto come prestito privato. Prestito, tuttavia subordinato alla vittoria delle elezioni. E che, arrivata con il 40,8 per cento, è considerata, tuttavia, “inaspettata” da molti osservatori. Una “grande sorpresa”, secondo El Clarin, il principale giornale argentino, “che ha messo a dura prova il peronismo”. La lezione “più importante” del voto di domenica, si legge in un’editoriale, è che gli argentini hanno scelto il partito di Milei “non per paura del futuro, ma per paura del presente”. L’instabilità economia e sociale, di fatto, “ha agito da stimolo” per evitare il ritorno di scenari “che gli argentini avevano già sperimentato”. Al netto del successo dei peronisti a Buenos Aires 2 mesi fa, la vittoria del presidente argentino è la conferma dell’estrema debolezza dell’opposizione. In mancanza di un’alternativa valida, insomma, gli argentini si sono tenuti quelli che avevano. E soprattutto perché ballavano 40 dannati miliardi di dollari. (Non) pochi, maledetti e subito. Un’altra “scommessa” vinta da Trump. Anche perché la promessa “votate Milei e avrete i soldi” è stata sufficiente, nei giorni scorsi, a far crollare i titoli di Stato argentini e a deprezzare il peso. Se l'idea era quella di generare paura tra gli elettori, si è fatto notare in queste ore, si è rivelata “altamente efficace”. Secondo i commentatori, Milei ha ora un'opportunità che, “se colta al volo”, potrebbe conferire alla sua amministrazione una forza senza precedenti. In primo luogo, ha aumentato notevolmente la sua capacità legislativa sia al Senato (da 6 a 20 seggi) che alla Camera (da 37 a 101), dove tuttavia ha bisogno di alleanze per ottenere la maggioranza assoluta. Ecco perché nel suo discorso di domenica sera, è apparso subito più disponibile con le altre forze politiche. Comprese le varie fazioni vetero peroniste, escludendo però specificamente quella kirchnerista della grande sconfitta Cristina Fernández de la Frontera. E il dialogo non ci sarà neanche con Axel Kicillof, il governatore della provincia di Buenos Aires. Che secondo Milei “è parte del problema, non della soluzione”. Chi “abbraccia idee comuniste non può essere parte fa della soluzione”, ha detto il presidente argentino su LN+. E “diventa difficile, se io voglio abbassare le tasse e dare più libertà alle persone, e voi volete tassarle a morte e limitare la loro libertà. Gli argentini, tuttavia, hanno risolto il problema”. Al netto dell’intervento statunitense, la polarizzazione, spiegano i politologi, ha fatto sì che una larga parte della popolazione preferisse votare per Milei piuttosto che tornare a un peronismo che in questi mesi non ha mai trasmesso l'idea di essere un'opposizione con idee chiare per il futuro, limitandosi ad affermare che tutto ciò che fa Milei è sbagliato, senza proporre progetti alternativi credibili.
Pierpaolo Arzilla

