Quando domenica 2 Novembre ho assistito al minuto di silenzio indetto per la morte di Giovanni Galeone non potevo non nascondere una certa emozione. Il tecnico napoletano è stato un grande uomo di sport, di calcio e mister sui generis. Oltreché un calciatore. Di un certo livello. Tra terza e quarta serie. Con un suo vissuto. Ed è bello ricordarlo anche per questo. Per me che sono tifoso di Nuorese e Monza. Due città, due squadre, due società apparentemente lontane in tanto, ma ora vicine. Almeno nel ricordo e nel cordoglio. Perché Giovanni Galeone è stato un ex giocatore di entrambe le società. Ed è stata una sensazione unica. Vivere in quel minuto di silenzio, il sottile legame che unisce Monza a Nuoro. Nel nome di Giovanni Galeone. Galeone arriva prima a Monza nella stagione 1958-59. In B. Solo una presenza. Era un Monza ambizioso, affidato alle cure di mister Rava e poi di Cipolla. Sodalizio arrivato al settimo posto in classifica. Quando si chiamava Simmenthal ed era legata, a doppio filo, alle fortune dell'industriosa famiglia dei Sada. Claudio Sada presidente, il padre, il cav. Gino Alfonso Sada (quello a cui verrà, successivamente, intitolato il vecchio e storico impianto sportivo brianzolo, n.d.r.) presidente onorario, con dentro gli altri due figli Tino e Pino. Era il secondo esempio italiano, dopo il Lanerossi Vicenza, di squadra di calcio rilevata da un intero gruppo societario ramo operativo d'azienda. E Simmenthal voleva dire tanto a Monza, in Lombardia, in Brianza e nel resto d'Italia. Economicamente e sportivamente. Non solo calcio, in Brianza, ma anche basket, naturalmente a Milano. E pugilato, con la famosa palestra dopolavoristica della Simmenthal di Aprilia, vicino Roma che, proprio in quegli anni, inizierà a conoscere le gesta di tanti campioni, fra cui alcuni sardi emigrati, come Mario Sanna "Mirello", di Anela (Ss), campione italiano professionisti dei super piuma nel 1971. Ma questa é un'altra storia. Quel Monza arriverà agli ottavi di Coppa Italia annoverando come miglior cannoniere Carminati e giocatori con maggior numero di presenze Breviglieri e Copreni. Galeone, classe 1941, era un giovane di appena diciott'anni e verrà mandato, poi, a “farsi le ossa” prima in C, fra Arezzo, Avellino e Pesaro e poi, finalmente, nel 1963-64 alla Nuorese. In D. E l'esperienza sarda per il futuro tecnico delle fortune di Pescara e Perugia sarà, comunque, importante. Prima, ovviamente, della quasi decennale militanza, dal 1966 al 1975 con quella che diverrà la sua "seconda squadra per eccellenza": l'Udinese. Sempre in C. E dopo le due brevissime esperienze con Entella e Monfalcone. Tornando a quella Nuorese 1963-64, il giovane calciatore napoletano si troverà in una squadra che disputa il campionato di Serie D girone E. Era la Nuorese del presidente Devoto, altra famiglia che ha segnato, indissolubilmente, la storia industriale ed economica della Sardegna centrale, nella torrefazione del caffè e con una dirigenza ambiziosa. In una quarta serie nazionale di livello. Era una compagine societaria reduce da importanti campionati di vertice, con tecnici del calibro di Ugo Starace, ed affidata, in quella stagione, alle cure di mister Giovanni Maria Zomeddu Mele. Con giocatori che diventeranno i compagni di Galeone, come Tartara, Zaccheroni, Capelli, Sogus, Borghesi, Camporese, Mele, Pinna, Moro, Mirtillo e Stellino. Della rosa facevano parte anche Pasquale Catte, bandiera storica verdeazzurra e presidente attuale delle Vecchie Glorie, Cusma, Devias, Beduschi, Murgia, Testi, Catalano, B. Catte e Cartamantiglia. A 34 anni, nel 1975, Galeone appenderà le scarpe al chiodo. Ed inizierà la sua leggenda. Quella da mister. Dalla C alla A. Dalle giovanili alle prime squadre. Udinese, poi Pordenone, Cremonese, Grosseto, Spal, Como, Perugia, Napoli. Con, ovviamente, il Pescara con cui vinse la Serie B e con la quale, in A, si toglierà la soddisfazione di battere Inter e Juventus. Leggenda che lo porterà a diventare il "Maestro per eccellenza" di tecnici come Allegri e Gasperini. In quel minuto di silenzio ho pensato a tutto questo ed a come, sebbene per una stagione, anche un grandissimo del calcio italiano come lui sia stato importante per la storia quasi centenaria della Nuorese. Con quelle dieci presenze in D, impreziosite da una rete. Ora, nel cielo terso d'autunno brillerà una piccola stella verdeazzurra. Sarà quella di Giovanni Galeone che, come ogni ex che si rispetti, continuerà a vegliare sulle sorti della squadra barbaricina. Nella speranza che le sue gesta, di calciatore, tecnico ed uomo di sport, non vengano dimenticate. Nemmeno in Sardegna. E neanche nel caro e vecchio "Quadrivio" che lo vide protagonista.

