Il potere risiede nei nemici della verità”, taglia corto Paolo Craig Roberts, economista e scrittore statunitense che in precedenza ha ricoperto il ruolo di assistente segretario al Tesoro degli Stati Uniti per la politica economica sotto il presidente Ronald Reagan. “Per molti anni i miei articoli hanno sottolineato il declino della capacità della verità di essere ascoltata. Le ragioni sono molteplici: l’ascesa di programmi ideologici per i quali la verità è un ostacolo, la concentrazione della carta stampata e della televisione in sei mega-aziende, che ha reso possibile la creazione di narrazioni ufficiali indipendentemente dalla loro veridicità, e una popolazione indifferente e in gran parte ignorante, priva dell’interesse e della capacità di esaminare le narrazioni ufficiali”. In effetti, oggi negli Stati Uniti l’istruzione consiste nell’indottrinare gli studenti con le narrazioni ufficiali, evitando coloro che le contestano. “Il fatto è che la verità sta scomparendo, perché non è al servizio dei programmi delle élite al potere. Di conseguenza, questioni importanti, spesso cruciali, vengono risolte cancellando chi contesta la narrazione, diffamandolo, arrestandolo con false accuse, approvando una legge per proteggere la narrazione o semplicemente ignorando la sfida”. L’economista cita i morti nel periodo del covid-19, ma aggiunge che “queste perdite di vite umane non sono nulla in confronto alle perdite di vite umane verso cui ci stanno conducendo i politici del nostro tempo. Un missile nucleare può uccidere milioni di persone, nel totale fallimento dei negoziati di pace da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Nel corso dell’ultimo anno Craig Roberts ha letto su vari siti web articoli secondo cui l’Occidente è diventato lo Stato comunista a cui un tempo si opponeva. Vengono offerti vari esempi legittimi: l’uso della legge come arma, come nei processi farsa di Stalin contro i bolscevichi che fecero la Rivoluzione russa; la soppressione della libertà di parola e di protesta, come in tutto il mondo occidentale; falsi risultati elettorali, come nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2020 e in Europa, vietando ai candidati dell’opposizione di candidarsi; l’attenzione sui “nemici stranieri” invece che sull’istituzionalizzazione interna della tirannia; la designazione dei sostenitori di Trump come nemici interni e insorti. Finora, nessuno è riuscito a sintetizzare tutte queste preoccupazioni in un’unica formula. “Lasciatemi provare. Per 60 anni i liberali hanno fatto sì che gli Stati Uniti passassero da diritti basati sul merito a diritti basati sulla razza e sul genere. Gli Stati Uniti, il cui fondamento è il diritto comune inglese e la responsabilità del governo, conseguita con la Gloriosa Rivoluzione inglese del 1680, sono stati per decenni attaccati da progressisti e liberali per essere una società basata sul merito e sull’uguaglianza di fronte alla legge. L’uguaglianza di fronte alla legge richiede proprio questo e quindi proibisce le preferenze basate sulla Diversità, equità e inclusione (Dei). Una società basata sul merito consente e incoraggia i più capaci e qualificati ad assumere posizioni di comando. Ma questo esclude i meno capaci e, di conseguenza, viola i principi di “diversità, equità e inclusione”, che la sinistra liberal ha eretto a nuovo standard. La soluzione è mettere al comando i meno capaci (il cosiddetto Principio di Peter). Ciò richiede la demonizzazione del merito come razzista, il che ha portato il merito a non essere più il requisito per l’ammissione alle università della Ivy League e alle scuole superiori precedentemente basate sul merito. L’ammissione si basa invece sul privilegio razziale”. Progressisti e liberali, fin dal regime di Franklin D. Roosevelt, sono riusciti a elevare la Dei al di sopra del merito, oggi liquidato come ’razzismo bianco’. “La Dei è l’arma del Partito Democratico per rovesciare una società basata sul merito. Il comunismo esclude redditi, influenza e status basati sul merito in teoria, ma non nella pratica. In pratica, l’iscrizione al Partito Comunista era la scala per la mobilità sociale. Ma per gli ideologi è la teoria che conta. Nel comunismo, l’uguaglianza, indipendentemente dal merito, è la norma. La società capitalistica e borghese si basa sul merito, con reddito, influenza e status basati sul successo. Pertanto, una società basata sul merito preclude risultati equi”. Una società basata sul merito è “ingiusta” nel linguaggio moderno. Le preferenze razziali furono esplicitamente proibite dal Civil Right Act del 1964. “Ma la sinistra liberal americana elevò la propria agenda ideologica al di sopra della legge. Una società del genere sarà, ovviamente, mediocre e arretrata nel progresso intellettuale e culturale”. Il successo individuale non può essere un reato contro la società. Come ha detto Warren Buffett: “C’è una lotta di classe, certo, ma è la mia classe, quella ricca, che fa la guerra, e stiamo vincendo”. E poiché i ricchi sono diventati sempre più ricchi, sembra anche che abbiano fatto un uso migliore di Marx rispetto alle grandi masse ignoranti. L’ex ministro greco Yanis Varoufakis spera di incidere su questa tendenza con la sua lunga campagna per una migliore tutela dei lavoratori e degli svantaggiati economicamente e contro il capitalismo predatorio. I sistemi sociali precedenti potrebbero essere stati più oppressivi o sfruttatori del capitalismo. Tuttavia - spiega Varoufakis - solo sotto il capitalismo gli esseri umani sono stati così completamente alienati dai loro prodotti e dall’ambiente, così separati dal loro lavoro, così privati anche di un minimo di controllo su ciò che pensano e fanno. “Il capitalismo, soprattutto dopo essere entrato nella sua fase tecnofeudale, ci ha trasformati tutti in una sorta di Calibano o Shylock: monadi in un arcipelago di sé isolati la cui qualità della vita è inversamente proporzionale all’abbondanza di aggeggi prodotti dai nostri moderni macchinari”. “Non cadiamo nella trappola della fantasiosa equità salariale. L’unico modo per rendere equo il posto di lavoro è abolire un sistema irrazionale basato sulla netta separazione tra chi lavora ma non possiede e la piccola minoranza che possiede ma non lavora. Nelle sue parole. ’i sindacati funzionano bene come centri di resistenza contro le ingerenze del capitale. Ma falliscono generalmente perché si limitano a una guerriglia contro gli effetti del sistema esistente, invece di cercare di cambiarlo’. Trasformarla in cosa? In una nuova struttura aziendale basata sul principio ’un dipendente, un’azione, un voto’ – il tipo di programma che può davvero ispirare i giovani che desiderano la libertà sia dallo statalismo che dalle aziende guidate dai profitti delle società di private equity o da un proprietario assente che potrebbe persino non sapere di possedere una parte dell’azienda per cui lavora”. Infine, Varoufakis cita la freschezza di Marx traspare quando cerchiamo di dare un senso al mondo tecnofeudale in cui la grande tecnologia, insieme alla grande finanza e ai nostri stati, ci ha surrettiziamente rinchiuso. Per capire perché questa sia una forma di tecnofeudalesimo, qualcosa di molto peggiore del capitalismo della sorveglianza, dobbiamo pensare come Marx avrebbe fatto con i nostri smartphone, tablet ecc. “Vederli come una mutazione del capitale – o capitale cloud – che modifica direttamente il nostro comportamento. Per comprendere come scoperte scientifiche strabilianti, reti neurali fantastiche e programmi di intelligenza artificiale che sfidano l’immaginazione abbiano creato un mondo in cui, mentre la privatizzazione e il private equity ci privano di ogni ricchezza fisica, il capitale cloud si occupa di privarci di ogni ricchezza mentale. Solo attraverso la lente di Marx possiamo comprenderlo davvero: per possedere le nostre menti individualmente, dobbiamo possedere il capitale cloud collettivamente”.
Raffaella Vitulano