Se lo sono chiesto in molti. Soprattutto la stampa europea. Un piano di pace “legittimerebbe Hamas, che invece deve essere messa nelle condizioni di non nuocere, prima di tutto a Israele. Con i terroristi non si dovrebbe trattare, e allora ecco che quanto stabilito da Trump e Netanyahu lunedì sera, da molti osservatori è stato considerato più un ultimatum che un nuovo inizio all’insegna del reciproco riconoscimento politico e territoriale. Anche perché, una volta lontano dai riflettori, è stato lo stesso Netanyahu a chiarire che i 20 punti stabiliti con Washington non significano il riconoscimento dello Stato palestinese. “Assolutamente no, non è scritto nell'accordo", ha chiarito il primo ministro israeliano in un video pubblicato su Telegram martedì mattina. Una cosa infatti, “e stata chiarita”, nei colloqui con Trump: “Ci opporremo fermamente a uno Stato palestinese”. L’esercito israeliano, ha aggiunto Netanyahu, “rimarrà nella maggior parte della Striscia di Gaza. Accettare le condizioni di Hamas? No, questo non accadrà!”. Piano di pace o ultimatum?, allora. Se lo chiede gran parte della stampa europea. Se Israele e USA dicono ad Hamas “accetta il piano o finiamo il lavoro”, commenta il quotidiano belga Le Soir, non può che essere un ultimatum. Insomma, rincara Le Temps, più che una proposta di accordo con Hamas sembra un percorso di legittimazione dell’operazione militare di IDF con due anni di ritardo. “Donald Trump annuncia un piano di pace per Gaza che assomiglia a un permesso di sparare” per Israele, titola il giornale svizzero. Per Liberation l’accordo è “un’esca di pace”, poiché, “tutto, assolutamente tutto, dipende dal fatto che Hamas accetti di affondare se stessa in cambio di un’”amnistia”. La vera scommessa di Benjamin Netanyahu è quindi che l'organizzazione terroristica “faccia il lavoro per lui”. Da Israele, Haaretz ricorda che il piano contiene elementi già pubblicamente respinti da Hamas. Secondo il quotidiano vicino ai laburisti, il rilascio dei palestinesi condannati all'ergastolo da Israele è incerto. “Hamas - si legge - probabilmente non avrà mai più un'altra opportunità di liberare i suoi prigionieri. Questo, da solo, potrebbe essere un fattore decisivo. Tuttavia, questo piano di pace è stato presentato in modo tale da spingere Hamas a dire di no”. Nel gioco delle parti s’inserisce l’ultra destra israeliana, che parla di “clamoroso fallimento diplomatico”. Su X, il ministro delle finanze Bezalel Smotrich ha descritto i 20 punti dell’intesa come un “mix indigesto e obsoleto”, che “dimentica quanto accaduto il 7 ottobre”. E mentre l’esercito continua le sue operazioni in tutta la Striscia, con l’aviazione che ha bombardato 160 obiettivi causando la morte di 17 persone, una fonte palestinese vicina ad Hamas ha dichiarato all’agenzia France Press, che il movimento sta esaminando la proposta e ha avviato “una serie di consultazioni all'interno della sua leadership politica e militare”. Le discussioni, iniziate martedì sera con il vertice Hamas-Qatar-Turchia, “potrebbero durare diversi giorni a causa della loro complessità, in particolare nel coordinamento della comunicazione tra i membri della leadership e i movimenti dopo l'aggressione israeliana a Doha”.
Pierpaolo Arzilla