E' un equilibrio difficile quello della manovra finanziaria, con la crescita del Pil sotto l’1%, la necessità di seguire la traiettoria di rientro dal deficit per rispettare il nuovo Patto di stabilità Ue. C’è la necessità di politiche di bilancio prudenti e a farne le spese, in parte, è la sanità, a cui mancano le risorse per stare al passo con l’inflazione e alzare il rapporto spesa/Pil, ancora distante dalle medie europee. Una situazione grave che preoccupa i lavoratori del comparto e le Regioni. Secondo un’analisi della Fondazione Gimbe, gli incrementi annuali del Fondo sanitario nazionale “non sono sufficienti a coprire tutte le misure previste”. Le Regioni, secondo il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, per riuscire a realizzare gli obiettivi previsti dalla Legge di Bilancio 2025 sulla sanità, saranno “costrette” a operare scelte drastiche: “razionalizzare la spesa, tagliare altri servizi o aumentare l'addizionale Irpe”.
Secondo l’analisi, l’incremento reale per il sistema sanitario nazionale è di soli 1,3 miliardi, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati dal Governo, una cifra che rende “impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari”. Secondo la Legge di Bilancio 2025, infatti, il Fondo sanitario nazionale nel 2025 crescerà di 2.520 milioni (+1,9%), di cui 1.302 milioni sono nuovi stanziamenti e 1.218 milioni già assegnati dalla manovra precedente.
Oltre alla sanità, a tenere banco sono gli organici nel pubblico impiego. Non c’è solo il tema della sanità stessa, per la quale i sindacati chiedono un piano di assunzioni straordinario e misure (anche retributive) in grado di frenare la fuga di medici e infermieri verso il privato o verso l’estero. Sul tavolo ci sono anche gli organici della pubblica amministrazione e della scuola. Il ministro della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo, sottolinea che il taglio del turnover nella Pa, è “un sacrificio necessario che abbiamo accettato per senso di responsabilità in un momento complesso per le finanze pubbliche”. “Ma sarà temporaneo - assicura -, solo per il 2025, ed escluderà alcuni comparti ritenuti sensibili, come i Comuni con meno di 20 dipendenti e il settore sanitario”. La scuola, contestualmente, perderà oltre cinquemila insegnanti. Zangrillo evidenzia come le riduzioni di organico, nel comparto, siano legate alla denatalità, che “sta facendo perdere molti alunni”. “È chiaro - aggiunge - che questo taglio può suscitare delle perplessità, ma non ritengo che vada a ledere il funzionamento del sistema scolastico. È un taglio contenuto”. Le scelte sulla scuola non soddisfano i sindacati di categoria. Le richieste avanzate nell’ultimo incontro col ministro Valditara, sottolinea la segretaria generale Cisl Scuola, Ivana Barbacci, “restano al momento ampiamente insoddisfatte”. I sindacati chiedono, innanzitutto, di aumentare le risorse disponibili per il rinnovo contrattuale 2022/24, “per consentire un altro passo significativo verso un riallineamento retributivo col resto d’Europa per tutto personale scolastico”. “È un’esigenza da tutti riconosciuta, come attestano i dati dell’ultimo rapporto Ocse”, sottolinea Barbacci.
Tra le priorità indicate da Cisl Scuola c’è anche “un incremento delle risorse per il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa di ogni istituto, indispensabile per sostenere forme innovative di supporto alla formazione, all’aggiornamento, o incentivi alla continuità del servizio”.
I sindacati chiedono, poi, organici adeguati, a partire dai docenti di sostegno e dal personale tecnico e amministrativo. Tema che ha a che fare anche con la stabilità del lavoro e coi meccanismi di reclutamento. Su questo fronte, più che le risorse, mancano nuove regole e meccanismi, da aggiungere ai concorsi, per stabilizzare migliaia di precari ed evitare di ritrovarsi ogni anno con 150mila supplenti.
Ilaria Storti