Domenica 1 giugno 2025, ore 2:08

Attualità

Nel 2025 ripresa lenta, pesano domanda stagnante e fine effetto Pnrr

Il 2025 sarà un anno difficile, per l’Italia e non solo. La conferma arriva da un’indagine di Unimpresa che segnala le principali criticità dell’anno in corso: crescita debole, consumi stagnanti, inflazione in frenata, ma potere d'acquisto ancora lontano dai livelli pre-crisi. La ripresa dell’economia, secondo il report, è troppo lenta per essere sostenibile. Il mercato del lavoro, invece, è ancora in fase positiva ma la crescita non ha scalfito alcuni problemi endemici: dal lavoro sottopagato, ai finti part time, ai tassi occupazionali tropo bassi di giovani e donne. Secondo il Centro Studi di Unimpresa, il Pil italiano crescerà nel 2025 in un range compreso tra lo 0,7% e lo 0,9%, confermando “il rallentamento della domanda interna e il venir meno dell'effetto trainante del Pnrr”. La spesa per consumi delle famiglie resta debole, mentre gli investimenti fissi lordi sono in calo, penalizzati da condizioni finanziarie ancora restrittive: i tassi d'interesse elevati continuano a frenare l'accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese. “I dati - sottolinea la direttrice generale di Unimpresa, Mariagrazia Lupo Albore - mostrano un'Italia che cresce, ma troppo lentamente, con un mercato del lavoro polarizzato tra occupazione stabile e segmenti ad alta rotazione, e con forti squilibri territoriali e demografici. Serve un intervento strutturale per rafforzare la produttività, sostenere gli investimenti, e legare in modo sistemico la crescita occupazionale alla qualità del lavoro e alla formazione professionale. Senza una vera strategia nazionale di rilancio, il rischio è che il Paese si adagi su una stagnazione prolungata, mascherata da indicatori di superficie positivi ma incapaci di produrre sviluppo reale e duraturo”. 
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il dato sull'inflazione, stimata all'1,3% su base annua, rappresenta una discesa significativa rispetto ai picchi del 2022-2023, “ma non è ancora sufficiente a restituire pienamente il potere d'acquisto eroso nell'ultimo biennio”. I salari contrattuali orari cresceranno in media del 3,1%, ma rimane uno scarto di circa 11,7 punti percentuali rispetto all'inflazione cumulata precedente. La ripresa salariale, in altre parole, è solo parziale. Il mercato del lavoro, spiega lo studio, mostra una crescita dell'occupazione dell'1,5% nel 2024, con oltre 24 milioni di occupati e un tasso di occupazione al 62,2%. Tuttavia, il precariato resta diffuso: l'84% delle nuove attivazioni nel 2024 riguarda contratti a tempo determinato e 1 contratto su 3 ha una durata inferiore ai 30 giorni. Il tasso di inattività rimane elevato, soprattutto tra le donne (42,4%) e nel Mezzogiorno (43,9%), confermando le difficoltà di inclusione di ampie fasce della popolazione attiva. Allarmante anche il dato sulla cassa integrazione guadagni, che nel 2024 ha raggiunto 9,5 ore ogni mille ore lavorate, in aumento rispetto alle 7,7 ore del 2023, segnale di una produttività discontinua e di un sistema industriale ancora vulnerabile agli shock. Sul fronte della produttività, infatti, il rapporto segnala una flessione del 2,5% nel 2023, cui fa seguito una sostanziale.
Ilaria Storti
 

( 7 maggio 2025 )

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