Sanità e trasporti italiani non sono a livelli europei, né lo è l’istruzione, nonostante alcuni progressi degli ultimi anni. Questa arretratezza ha conseguenze devastanti non solo a livello sociale ma anche a livello economico e di sviluppo. La Relazione annuale sui servizi pubblici presentata al Cnel, fotografa un'amministrazione pubblica che si muove, ma non abbastanza rapidamente da recuperare lacune enormi. D’altronde, nei settori citati mancano le risorse. Il rapporto segnala che la spesa per la sanità pubblica è di 122 miliardi, in aumento nominale ma in calo se si considera l'inflazione: è ancora tra le più basse d'Europa. Consequenzialmente, la spesa privata dei cittadini continua a crescere e nel 2022 ha toccato i 40,2 miliardi (+5%). Nel 2023 è aumentato il numero di colore che rinunciano alle cure. Sono 4,5 milioni di persone che per ragioni economiche, organizzative o per la lunghezza delle liste di attesa annullano o rinviano visite mediche e accertamenti sanitari. È sempre più complicato anche il rapporto con i medici di famiglia, ormai scesi sotto le 40mila unità. Quasi la metà di questi hanno oltre 1.500 assistiti, il tetto massimo previsto dalla normativa. E la situazione rischia di peggiorare a breve dato che il 77% dei medici di medicina generale hanno compiuto i 54 anni.
In generale, dopo anni di blocco del turn over l'età media nelle Pa è aumentata ma con le assunzioni fatte l'anno scorso e quelle programmate per i prossimi due anni la tendenza si dovrebbe invertire. Tra il 2024 e il 2025 dovrebbero essere assunte, ha spiegato il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, 350mila persone.
Male, come detto, anche il trasporto pubblico. La rete di metropolitana in tutto il Paese è meno estesa di quella della sola Madrid e sono insufficienti anche quella tramviaria e ferroviaria suburbana. Nel nostro Paese quasi i due terzi degli spostamenti (il 66,3%) sono fatti con l'automobile mentre appena il 7,4% avviene con i mezzi pubblici (compresi il taxi e il car sharing). Il Cnel segnala la necessità di “ampliare la rete” e “migliorare il sistema di mobilità su impianti fissi che garantiscano lo spostamento di grandi volumi di persone in tempi rapidi e in modo sostenibile ed efficace”. Sull'istruzione il report segnala alcuni passi. Quasi due persone su tre tra i 25 e i 64 anni hanno almeno il diploma e aumentano coloro che raggiungono la laurea ma il divario con l'Ue è ancora significativo. Si riduce la dispersione scolastica e diminuiscono i Neet ma solo la metà dei diplomati si iscrive all'Università. Le regioni, sintetizza il Rapporto, “faticano nel fare passi avanti significativi verso gli obiettivi dell'Agenda Onu 2030” quali istruzione, lavoro, parità di genere, sostenibilità. In pratica migliorano “le performance ma questo non basta a colmare il divario”.
Sul fronte dei servizi sociali, al Sud i livelli di impegno finanziario (95 euro pro capite) sono sempre più bassi di qualsiasi altro territorio (124 euro Nord-Est, 129 euro Centro, 134 euro Nord-Ovest), a fronte di un contesto in cui il tasso di deprivazione socio-economica è molto più elevato. Anche i servizi per il nido sono particolarmente arretrati al Sud, con tassi di copertura ben al disotto della media (pari al 7%, contro l’18,5% del Nord-Ovest, il 21% del Nord-Est e il 22% del Centro).
Ilaria Storti