La carenza di alloggi per residenti e lavoratori, il futuro di Porto Marghera, la questione salariale e le grandi crisi industriali legate al crollo dell’automotive e del suo indotto. Sono articolate le sfide che la riconfermata segreteria della Cisl di Venezia si appresta ad affrontare. Michele Zanocco, 59 anni, veneziano, al timone dell’Unione territoriale dal 2022, è stato rieletto segretario generale lo scorso aprile. Assieme a lui, sono stati riconfermati Dario De Rossi e Monica De Stefani. Un Congresso nel segno della continuità, dunque, a sostegno degli ottimi risultati raggiunti negli ultimi anni, con un aumento degli iscritti, arrivati a quota 72mila.
Segretario Zanocco, cos’ha lasciato l’ultimo Congresso provinciale?
Certamente una Cisl di Venezia cresciuta, più convinta e consapevole della propria forza. Vogliamo andare oltre, non sederci sugli allori per i buoni risultati ottenuti, ma essere protagonisti del nostro territorio.
In quale quadro dovrete lavorare?
La provincia conta 375mila lavoratori con un tasso di occupazione maschile tra i 20 e i 65 anni pari all’83% e femminile al 66%. Il 2024 si è chiuso con un aumento del saldo positivo con una crescita delle assunzioni del 4%. Sono aumentati i rapporti di lavoro a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato, toccando l’82%. L’80% dei reclutamenti sono full time, ma le nuove assunzioni indicano un incremento dei contratti a part time, che sono un quarto del totale. Ma non è tutto oro quel che luccica.
In che senso?
Perché i numeri non sono in sintonia con la dinamica demografica. A popolazione stabile, nella provincia di Venezia dal 1982 ad oggi sono raddoppiati gli over 65, passando dal 12 al 26%, e nel 2030, tra soli 5 anni, saranno il 30%: entro il 2028 usciranno dal mercato del lavoro 30mila persone per raggiunti limiti di età. Ad oggi si stima che il fabbisogno occupazionale inespresso superi le 31mila unità non reperibili sul mercato del lavoro locale, a cui si aggiungono le carenze sempre più marcate che riguardano il pubblico impiego e la sanità. Serve riportare la persona al centro dello sviluppo.
Uno dei temi su cui la Cisl di Venezia si sta battendo molto è la casa. Com’è la situazione nel centro storico e in provincia?
Abbiamo un mercato degli affitti con canoni elevati che sono arrivati a toccare prezzi tra i 600 e i 900 euro per 60 metri quadrati. E allo stesso tempo 3.400 case pubbliche sociali inutilizzabili perché da ristrutturare. In provincia c’è un patrimonio di 139mila abitazioni private inutilizzate e fuori da ogni mercato locativo. Una parte consistente degli immobili pubblici e privati necessita di interventi di messa a norma compresi tra i 15 e i 4mila euro, che potrebbero vedere dei tempi di ristrutturazione piuttosto ridotti. Per questo motivo, come Cisl e Sicet di Venezia abbiamo avanzato da tempo una proposta che ha come obiettivo quello di indicare una strada dove tutti i soggetti interessati - sociali, economici, istituzionali - possano avere una risposta positiva: costituire una società pubblico-privata a maggioranza pubblica a cui possano essere assegnate temporaneamente le case pubbliche inutilizzate da ristrutturare.
Il tema della carenza di abitazioni si lega strettamente al fenomeno dell’overtourism che colpisce inevitabilmente una città come Venezia. Come lo si può affrontare?
Si deve lavorare per contingentare gli ingressi, definendo vincoli al fenomeno degli affitti brevi, per consentire una migliore gestione dei flussi, una migliore agibilità alle bellezze artistiche e garantire così una migliore vivibilità agli abitanti, a partire da quelli del centro storico. Crediamo vada confermato e potenziato il ticket di ingresso alla città e chiediamo di destinare gli introiti al netto delle spese, per ridurre le tasse dei residenti e il sostegno alla costituzione di una fondazione pubblico-privata che operi per il recupero del patrimonio abitativo, soprattutto nell’ambito del social housing.
Il territorio veneziano è vasto: dalla laguna alla terraferma, dal polo chimico di Marghera alle spiagge del litorale. Quali sono le priorità sul fronte del lavoro?
La formazione continua e la generazione di competenze devono costituire una scelta strategica per i giovani e per il sistema scolastico e universitario, per il sindacato, le imprese e le istituzioni locali e nazionali perché dà risposte su tre dimensioni: culturale, economica e sociale. Serve pianificare e offrire a tutti istruzione e formazione prima, durante e quando si perde il proprio posto. È indispensabile porre la stessa attenzione per quanto riguarda le qualifiche più basse. I fattori fondamentali da affrontare sono pertanto due: il livello salariale e il tema del welfare sociale locale, a partire dall’abitazione.
Quali le crisi aziendali e di settore che maggiormente la preoccupano?
I grandi ambiti delle crisi riguardano il mondo dell’automotive, a partire dalla vertenza Speedline, dove l’accelerazione verso le auto elettriche e i dazi imposti dagli Stati Uniti stanno producendo frenate importanti anche per le aziende di componentistica che operano per il mercato tedesco e mondiale oltre che il settore della pelle e del calzaturiero, anche di alta gamma, molto presente nella Riviera del Brenta che da tempo è colpito da pesante cassa integrazione.
L’area di Porto Marghera è ancora oggi uno dei poli industriali più grandi d’Italia. Com’è cambiata dai tempi delle lotte operaie del Petrolchimico?
Inutile dire che ci sia stata una trasformazione negli ultimi decenni, con la perdita di migliaia di lavoratori. Ora serve un rinnovato impegno per reindustrializzarla. E le strade sono due: la prima, servono tempi certi e una minore burocrazia per le bonifiche, la seconda riguarda il ruolo del porto sia nella sua declinazione turistica che commerciale. Per consentire l’efficacia di un’azione e di una vera capacità di potenziamento dell’area portuale, serve un migliore coordinamento nelle scelte di intervento e di investimento tra il Comune di Venezia e l’Autorità Portuale. In questo senso, valutiamo in modo positivo di destinare Fusina alle grandi navi turistiche.
A Porto Marghera lavorano molti stranieri, bengalesi soprattutto: cosa fare per inserirli ancora di più nel tessuto cittadino?
Come Cisl e Anolf di Venezia, con il ricercatore Francesco Peron, abbiamo coinvolto circa 500 cittadini stranieri residenti di 15 nazionalità per un’analisi sul Veneziano da cui emerge chiaro di come la priorità sia l’integrazione. Per facilitare ciò, serve intervenire e dare delle risposte in alcuni ambiti essenziali. Le lunghe attese per il rinnovo dei permessi di soggiorno e per le richieste di ricongiungimento familiare o cittadinanza compromettono la regolarità degli immigrati: servono procedure più snelle. È indispensabile superare le complicazioni nella registrazione anagrafica, nella richiesta della tessera sanitaria e del codice fiscale, che sono fondamentali per accedere a diritti e servizi essenziali. Bisogna garantire opportunità di lavoro stabili e correttamente retribuite e migliorare l’inserimento lavorativo, offrendo percorsi di formazione professionale che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro esistente.
Un altro tema è il precariato. Cosa fare per ridurlo per gli stranieri?
Bisogna impedire di cadere nel caporalato e semplificare il riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali acquisite all’estero. È indispensabile offrire corsi di italiano e supporto linguistico, soprattutto per le donne, creare attività di doposcuola per i figli e programmi di sostegno in collaborazione con associazioni locali. Eventi sociali e culturali comuni consentono l’interazione tra italiani e stranieri, così come la partecipazione degli immigrati in attività sindacali e associative.
Federica Baretti