L'incontro di giovedì scorso, spiega il segretario nazionale Fim Cisl, Valerio D'Alò, ”è stato caratterizzato da decisioni altalenanti, prima fissate, poi rinviate per due volte e infine anticipate alla data odierna. Per noi, questa situazione è sinonimo di mancanza di chiarezza sugli obiettivi della Cigs e, poiché le condizioni di contesto non sono cambiate, non permette di arrivare a un accordo. Paradossalmente restiamo fiduciosi di poter raggiungere le stesse mediazioni già ottenute con l'accordo precedente con l'azienda. Tuttavia, ciò che questa volta manca è una visione chiara per il futuro. La richiesta fatta a Palazzo Chigi dai segretari generali di Fim, Fiom e Uilm mirava proprio a chiarire quale direzione intendessimo prendere, quale piano fosse in campo e, sulla base di ciò, costruire un accordo di Cassa Integrazione”. L'aumento del numero di lavoratori richiesto dall'azienda, conclude D’Alò, ”non ci spaventa in sé, ma deve essere motivato da ragioni solide e inserito in un piano di rilancio che progressivamente riduca il ricorso alla Cigs. Assistiamo invece a un silenzio assordante da parte delle istituzioni locali e della politica nazionale, che crediamo abbiano oggi il dovere di accelerare i tempi e decidere con coraggio sul futuro della ex Ilva”.
Nei giorni scorsi Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria ha inviato un'istanza di modifica della richiesta della cassa che prevede l'aumento a 4.450 dipendenti, di cui 3.803 a Taranto, dai precedenti 4.050 dipendenti, dei quali 3.500 a Taranto. Fim, Fiom e Uilm avevano immediatamente parlato di una richiesta "inaccettabile". Attualmente, l'autorizzazione alla cigs vigente scade nel febbraio 2026. I sindacati denunciano che la situazione all'Ex Ilva è di "una gravità inaudita", "in questo momento registriamo nei fatti una fermata assoluta degli impianti e anche una difficoltà a continuare le operazioni di manutenzione dentro gli impianti". Per il coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom Cgil Loris Scarpa ”il Governo deve finalmente affrontare il tema della partecipazione in equity perché nei fatti nessun soggetto privato è oggi realmente interessato all'Ex Ilva”.
Con l'uscita di Baku Steel e Azerbaijan Investment Company dalla corsa all'ex Ilva si sono ridotte le possibilità di cessione unitaria del gruppo siderurgico. Sono rimasti in campo gli indiani di Jindal Steel International e gli americani di Bedrock, con i quali i commissari straordinari stanno proseguendo il confronto. Non è escluso che i due gruppi presentino piani differenziati: l'intero pacchetto oppure solo i poli del Nord (Genova, Novi Ligure e Racconigi) o quello di Taranto.
Giampiero Guadagni