Un incontro urgente a Palazzo Chigi per discutere della vertenza ex Ilva. Lo chiedono i segretari generali di Fim Fiom Uilm, Ferdinando Uliano, Michele De Palma, Rocco Palombella, che hanno inviato una lettera al Governo. “Alla luce di un quadro di sempre maggiori criticità ed incertezze - scrivono i leader dei sindacati metalmeccanici - relative al piano di salvataggio dell’ex Ilva, alla decarbonizzazione, al continuo rinvio del bando di gara senza alcuna spiegazione valida e preventiva e ai drammatici effetti sociali ed occupazionali si chiede con urgenza la convocazione del tavolo permanente presso la Presidenza del Consiglio”.
La sfida per la rinascita industriale metalmeccanica di Taranto, infatti, si fa sempre più complessa dopo il disimpegno di Baku Steel e Azerbaijan Investment Company. Restano in campo gli indiani di Jindal Steel International e gli americani di Bedrock, con i quali i commissari straordinari stanno proseguendo il confronto. Non è escluso che i due gruppi presentino piani differenziati: l’intero pacchetto oppure solo i poli del Nord (Genova, Novi Ligure e Racconigi) o quello di Taranto. Le offerte vincolanti sono attese per il 15 settembre, ma il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha aperto alla possibilità di una proroga al fine di dare più tempo per la presentazione della documentazione “anche - afferma - in riferimento al fatto che obiettivamente le condizioni che abbiamo posto per la piena decarbonizzazione nel più breve tempo possibile sono stringenti e prendendo atto necessariamente del fatto che non ci sarà una nave rigassificatrice che possa dare quel gas necessario per realizzare comunque a Taranto il polo del preridotto”. Quindi, ha aggiunto il ministro, “le imprese devono prendere atto di queste condizioni sia in termini di obiettivi ravvicinati alla piena decarbonizzazione sia in termini di limitazione perché il gas potrà giungere soltanto via terra per le scelte fatte dal Comune di Taranto. Non la condivido ma non le contesto. Ovviamente spetta a loro la competenza”. Urso ha poi spiegato che “Gioia Tauro si consolida come ipotesi in cui collocare il polo del Dri per le necessità del nostro Paese”. La ritirata degli azeri sarebbe legata proprio all’impossibilità di insediare a Taranto una nave rigassificatrice indispensabile per garantire il fabbisogno di gas del polo del Dri, dedicato alla produzione del preridotto. Una scelta maturata dopo la netta contrarietà del sindaco Piero Bitetti e il conseguente venir meno delle condizioni necessarie.
I timori dei sindacati non tardano ad arrivare: “ Taranto merita rispetto e attenzione - affermano in una nota congiunta Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl e Biagio Prisciano, segretario Fim Cisl Taranto Brindisi -. La nostra comunità, composta da cittadini, lavoratori e imprese, spera in un futuro di progresso e dignità, ma si trova di fronte a incertezze, blocchi e sfiducia, aggravate da anni di crisi e speranze tradite”. E continuano: “Il recente passo indietro di Baku Steel segna un calo di interesse degli investitori, aggravato dall’assenza di una strategia chiara. L’Ilva versa in condizioni peggiorate e il mancato avvio di infrastrutture strategiche, come la nave rigassificatrice per il polo del Dri, allontana ulteriormente ogni sviluppo”. D’Alò e Prisciano sottolineano come l’incertezza freni il rilancio: “La cautela degli investitori si traduce in disinvestimenti e fuga di imprenditori, mentre l’amministrazione comunale, divisa e frammentata, non ha una strategia unitaria. Problemi come bonifiche e accoglienza di nuovi investitori sono stati affrontati in modo inadeguato, mentre la perdita di aziende storiche ha indebolito l’economia locale e senza investimenti e sviluppo sostenibile, la città rischia di restare indietro. È ora di agire con determinazione - concludono i sindacalisti - e costruire un progetto condiviso che ridia a Taranto un ruolo da protagonista nel panorama nazionale ed europeo”.
Sara Martano