I sindacati nazionali hanno scelto Prato e la Toscana per lanciare il loro piano per contrastare la crisi del settore moda, che riguarda tutta Italia, ma che in questa regione e segnatamente in questo territorio ha uno dei suoi focolai più virulenti.
“Cambio di stagione” è il titolo adottato da Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec nazionali per parlare del futuro della moda, di diritti e di nuove strategie per il rilancio della filiera. Un incontro pubblico, nella sede della Camera di Commercio di Prato, a cui hanno partecipato le istituzioni territoriali, le associazioni datoriali industriali, PMI e artigianali del settore.
Il 45% dei distretti italiani è legato alla filiera della moda e dunque la campagna di sensibilizzazione si snoderà per tutta l’Italia. La partenza da Prato è motivata dalla rilevanza di questo distretto; qui la produzione dell’industria e della manifattura è in calo per il settimo trimestre consecutivo, con previsioni negative su tutta la prima metà del 2025. In Toscana, nei settori legati alla moda, lo scorso anno si è registrata la cessazione di 428 aziende e solo 271 nuove iscrizioni. Ad aumentare sono solo le ore di cassa integrazione: per il solo settore pelletteria sono cresciute del 254% nel 2024 rispetto al 2023, rappresentando l'82% delle ore totali autorizzate per l’intero ambito della moda.
La perdita di fiducia delle imprese, la flessione dei fatturati dei comparti tessile, abbigliamento, pelle e calzature e il rinvio degli investimenti programmati da molte aziende, sono segnali drammatici, come anche i dati sull’occupazione e sugli ordinativi.
“I problemi di Prato sono quelli comuni ai distretti italiani” ha detto Raffaele Savatoni, della Segreteria nazionale Femca, presente all’evento. “In Italia - ha aggiunto - si contano 35 distretti e Prato è uno dei più importanti, così come la Toscana è uno dei territori più significativi in questo comparto; ma la moda soffre da nord a sud degli stessi identici problemi, dai grandi brand alle piccole e piccolissime aziende, che costituiscono il tessuto forte italiano. Stiamo parlando di un settore, uno dei più importanti italiani, che fattura 100 miliardi all’anno con 600 mila lavoratori e 62 mila aziende.”
Come reagire ? “Chiediamo - scrivono nel documento presentato nell’occasione Filctem, Femca e Uiltec - un consistente programma di investimento in politiche industriali a partire dall’aggiornamento delle competenze, con la formazione continua e con moduli specifici, rafforzamento degli ammortizzatori sociali, maggiori garanzie sul credito per le PMI. Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario un solido e costante coinvolgimento del mondo politico e del Governo, in particolare. Chiediamo misure realmente accessibili per lavoratori e imprese di una filiera composta soprattutto da aziende di piccole dimensioni. Su questi pilastri devono poggiare le fondamenta per il rilancio della filiera della Moda che con 100 miliardi di euro di giro d'affari, 62mila imprese e 600mila lavoratori, rappresenta una delle più importanti industrie manifatturiere italiane. Ma che senza interventi, rischia di essere travolta dal rallentamento della domanda globale, dall’aumento dei costi dell’energia e della produzione nel suo complesso, dalla concorrenza di Paesi che praticano il dumping e da politiche distratte o inadeguate”.
“Chiediamo inoltre - proseguono i sindacati - misure stabili per il Green deal, per l’innovazione e la ricerca, per garantire legalità e concorrenza Ieale nella filiera, per incoraggiare il reshoring delle produzioni all'estero. Il clima di incertezza geopolitica, causato soprattutto dalla scellerata politica dei dazi da parte degli Stati Uniti, ha un forte impatto su tutta la catena di valore delle imprese del settore, soprattutto su quelle di piccole dimensioni e dai volumi di attività contenuti”.
“Quella con le associazioni datoriali - affermano Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil - è un’alleanza che riteniamo strategica, frutto di relazioni industriali consolidate e partecipative, costruite negli anni. Insieme, al Tavolo ministeriale dedicato al settore, chiederemo al Governo sostegni strutturali, non legati a fattori contingenti, come avvenuto nel 2024 e nel 2025 per fronteggiare la crisi occupazionale”, “il mondo politico e il governo, nazionale e regionale, battano un colpo”.
Alberto Campaioli