Giovedì 22 maggio 2025, ore 20:55

Libri

Il Novecento di Carla Badiali

di MAURO CEREDA

Negli anni 20’ e 30’ del Novecento Como è stata una città ricca di fermenti artistici e culturali. Nonostante la dittatura fascista, il controllo ferreo su ogni aspetto della vita quotidiana, in riva al lago si sono rivelati e affermati diversi esponenti dell’architettura razionalista e della pittura astrattista, che hanno anche saputo dare vita ad uno stimolante confronto reciproco. Fascisti della prima ora poi ricredutisi, delusi dalla strada intrapresa dal regime, ma anche convinti antifascisti, legati gli uni agli altri dall’interesse per l’arte e la libertà espressiva. Nomi come l’architetto Giuseppe Terragni, che nel 1926 ha firmato il primo documento del razionalismo italiano e che qui realizzò la Casa del Fascio, morto a soli 39 anni dopo essere tornato in precarie condizioni dalla guerra in Russia. Oppure come il pittore Manlio Rho, protagonista di diverse edizioni della Biennale di Venezia, tra gli attivisti del “Gruppo futuristi primordiali Antonio Sant’Elia”, che nel 1955 vinse il Compasso d’Oro per una stampa su tessuto. E’ in un simile contesto, quello dell’arte e della moda (le seterie comasche erano considerate un’eccellenza), che appare e si fa strada la pittrice astrattista Carla Badiali. A questa straordinaria figura, forse non conosciuta come meriterebbe, è dedicato il libro “Primordiale bellezza” scritto da Lucia Valcepina (Dominioni Editore). Nata a Novedrate nel 1907 e scomparsa a Como nel 1992, nel corso della sua vita ha alternato l’attività artistica, con quella imprenditoriale nel campo del design di stoffe e tessuti.

Con una lunga pausa in mezzo: Badiali, sposatasi con Alessandro Nahmias, un economista ebreo costretto a cambiare cognome (in Nardini) per sfuggire alle persecuzioni razziali, negli anni della guerra passò alla clandestinità, prima a Como quindi a Milano, per il supporto offerto alla causa antifascista, in particolare nella produzione di documenti falsi dove poteva fare valere il suo talento e la sua mano delicata. Pagò questa scelta anche con la reclusione nel carcere di San Vittore, dove conobbe Fernanda Wittgens, la prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera, che si impegnò a fondo per proteggere i capolavori custoditi nelle sale dai bombardamenti degli alleati e dalle razzie dei gerarchi nazisti. Ma più ancora di Badiali, i fascisti colpirono il marito, prima finito nelle mani lorde di sangue dei torturatori neri della Banda Koch, quindi deportato nel campo di concentramento di Mauthausen e nel sottocampo di Melk, insieme ad un altra figura di rilievo dell’epoca, quel Giuseppe Pagano, direttore della rivista “Casabella”, progettista dell’edificio dell’Università Bocconi di Milano (Nahmias riuscirà a tornare a casa, anche se faticherà a superare i traumi della detenzione, Pagano no). Il libro immerge il lettore in quegli anni, raccontando le diverse sfaccettature di Badiali: attivista della resistenza al nazifascismo, titolare di uno studio per il disegno dei tessuti (per marchi come Chanel, Dior, Givenchy), pittrice astrattista, ma anche moglie e madre di tre figli. Quella che esce è l’immagine di una donna libera, coraggiosa, intellettualmente vivace, che ha “vissuto” intensamente il Novecento.

( 22 maggio 2025 )

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Il Novecento di Carla Badiali

Nata a Novedrate nel 1907 e scomparsa a Como nel 1992, nel corso della sua vita ha alternato l’attività artistica, con quella imprenditoriale nel campo del design di stoffe e tessuti

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