"Ritirarsi è sempre un errore" dichiarò Bush junior ad Hanoi sotto il busto di Ho Chi Minh. Lui che avrebbe dichiarato la guerra asimmetrica al terrorismo dopo l’11 settembre 2001. Ma gli Stati Uniti lo fecero, in Vietnam, mezzo secolo fa. E la fine del conflitto fu in realtà la prima vera sconfitta dell’America dopo i trionfi delle due guerre mondiali. Almeno in Corea c’era stato un cessate il fuoco sul 38º parallelo che non costituiva esattamente una ritirata, semmai l’inizio di una contrapposizione di frontiera che prosegue ancora oggi fra Pyongyang e Seul. Il Vietnam invece fu un vero e proprio cedimento, come l’abbandono dell’Afghanistan decenni dopo. D’altronde,nelle risaie dell’ex Indocina francese non si combatteva un’altra guerra di teatro, quali erano già divampate nelle Filippine. Imperava la teoria del domino. Una vittoria dei “Charlie” avrebbe avviato una reazione a catena di quello che Alberto Ronchey avrebbe definito il Fattore K, dove questa designa il Kommunismus. Di riflesso, Mosca non cedeva al “complesso militare industriale”. Data però l’impraticabilità dell’escalation nucleare, si utilizzavano pedine singolo dai nomi ricorrenti. Allora vale la pena di scomporre lo scenario di quella guerra in un glossario sincronico.