Domenica 5 maggio 2024, ore 12:33

Immigrazione

Il sogno europeo fermo sul binario di Budapest

di Ester Crea

Il sogno per la maggior parte dei profughi che raggiungono le nostre coste si chiama Germania. A chi ce l’ha fatta dopo aver attraversato il deserto e atteso settimane di imbarcarsi sulle coste libiche o a chi è approdato in Grecia dalle coste turche (ciò che non è riuscito al piccolo Aylan, il bambino siriano che il mar Egeo ha restituito cadavere sulla spiaggia Bodrum e le cui foto hanno fatto il giro del mondo) il più sembra fatto. Non è così, come dimostrano le immagini del treno preso d’assalto da migliaia di migranti stamane, alla stazione di Budapest, nel tentativo di raggiungere l’Europa occidentale. E' a quel punto  che la fiamma che alimenta quel sogno finisce per consumarsi e a diventare nient'altro che le braci descritte da Márai nel suo più celebre romanzo.  "Una giusta ridistribuzione di 100mila profughi è ciò di cui abbiamo bisogno" in Europa, affinché "solidarietà non "suoni come un vuoto slogan", ha avvertito il presidente del consiglio Ue Donald Tusk durante una dichiarazione col premier ungherese Viktor Orban. Quest’ultimo, aspramente criticato dai partners per la decisione di erigere un muro anti-immigrati al confine con la Serbia,  è andato all’attacco. "I leader europei hanno dimostrato chiaramente di non essere in grado, di non avere la capacità di gestire la situazione", ha detto. "E' noto che tocca ai singoli Paesi controllare le frontiere esterne. E questo sta facendo l'Ungheria". "Detto tra noi - ha aggiunto - il problema non è europeo, è un problema tedesco. Tutti vogliono andare in Germania. Nessuno vuole restare in Ungheria, Slovacchia o Estonia. Vogliono andare tutti in Germania".
Questo, dunque, il clima alla vigilia della vertice che domani e sabato vedrà i ministri degli Esteri e della Difesa europei riuniti a Lussemburgo per far partire la fase 2 della missione navale contro i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo.
Intanto la Commissione europea lavora ad un piano che dovrebbe trovare definizione prima del 14 settembre, quando a riunirsi saranno i ministri europei della Giustizia e degli Interni. La buona notizia è che il piano - così come sollecitato da più parti, compresi i sindacati italiani e la Ces - prevederebbe la sospensione del trattato di Dublino con la ”relocation” obbligatoria per i paesi membri e una revisione della cifra dei 40mila da redistribuire sul territorio. Ma soprattutto pesantissime sanzioni per gli Stati che scelgano la via dell'opting out, rifiutando le politiche comuni e respingendo i richiedenti asilo. Verrebbe così creato un fondo europeo per risarcire gli Stati più esposti sul fronte migratorio. Un bella svolta rispetto al progetto licenziato a luglio, basato sulla “volontarietà”, ma destinato a scontrarsi con l'ostilità di alcuni paesi, Ungheria e Regno Unito in testa.
La Cisl segue con preoccupazione lo sviluppo della situazione e in una nota a firma di Liliana Ocmin, responsabile Immigrati, Donne, Giovani della confederazione stigmatizza i rimpalli di responsabilità ed "i soliti distinguo ed eccezioni che non ci fanno sperare in una risposta certa, rapida e soprattutto corale". Ocmin sottolinea come tanto coloro che arrivano quanto coloro che accolgono abbiano bisogno di risposte veloci e credibili. "In questo senso come Cisl - avverte - siamo interessati a monitorare con attenzione l’evolversi delle decisioni, consapevoli che la posta in gioco, anche per i risvolti sociali ed economici che l’emergenza stessa racchiude, è alta ed il prezzo è appunto la credibilità ed il futuro dell’Europa".
Di sicuro, bisognerà ricreare un clima di tranquillità e fiducia tra i cittadini, non tanto nei confronti dei migranti quanto delle istituzioni e della politica, come dimostra la reazione dei familiari dei coniugi uccisi nel catanese presumibilmente da un giovane ivoriano ospite del Cara di Mineo. Una struttura sulla quale già in passato l’Anolf Cisl aveva acceso i riflettori per segnalarne i rischi connessi gravi fenomeni di marginalità e degrado sociale. Lo ricorda in una nota lo stesso presidente dell’associazione, Mohamed Saady, per il quale "così concepiti, i Centri di accoglienza non possono essere la soluzione ma possono diventare un potenziale altro problema” e invita il Governo a prendere coraggio e a chiudere con l’esperienza dei “Cara, simbolo di un’accoglienza mancata”, inaugurando una nuova stagione.
Duro il commento del segretario generale del Siulp, Felice Romano che in una nota stigmatizza “il ’valzer’ di esternazioni di sgomento per le vite che si spezzano con rincorse ad impegnarsi, immediatamente, per trovare soluzioni, quasi sempre poco chiare e dilatorie, per gestire al meglio questa ’epocale ondata di immigrazione’ che solo oggi, e dopo che i flussi sono cominciati ad arrivare in altri paesi via terra, concordano con il Governo italiano che non può essere demandata solo a pochi Paesi ma deve essere priorità per l’intera Comunità europea.
Oggi, denuncia Romano, dopo le tante tragedie e l’immobilismo dell’Europa, il peso di questa migrazione epocale ricade esclusivamente sulle spalle delle Forze di polizia e dei numerosi e straordinari volontari senza i quali ben altre sarebbero state le cifre di coloro che soccombono”. Al riguardo, Romano coglie anche l'occasione per rivolgere un plauso al lavoro della Polfer e l'invito a sperimentare un nuovo modello di stazioni con barriere di delimitazioni dei "gate", così come normalmente avviene negli aeroporti.
 

( 3 settembre 2015 )

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