Venerdì 19 aprile 2024, ore 18:26

Intervista 

Siccità, emergenza grave 

Neve sulle Alpi che si scioglie, laghi del Nord al minimo, Po in sofferenza, fiumi del centro che si seccano. In Italia è riesplosa l’emergenza siccità. Sono tre milioni e mezzo gli italiani che rischiano di avere l’acqua razionata dai rubinetti. Il Governo è al lavoro per un piano di interventi. Il primo marzo ci sarà un primo incontro interministeriale presieduto dalla premier Meloni.
L’Anbi, l'Associazione nazionale Bonifiche Irrigazioni, sollecita da tempo un piano idrico e lancia una proposta concreta. Abbiamo intervistato il direttore generale Massimo Gargano.
D) Direttore Gargano, il 2022 ha registrato la più grave siccità degli ultimi 50 anni. E il 2023 non ha invertito il trend. Anbi, assieme a Coldiretti, ha presentato fin dal 2017 un progetto generale di costruzione di nuovi invasi. Di cosa si tratta e a che punto è questo progetto ?
La suggestione è realizzare 10.000 bacini medio-piccoli, 6.000 aziendali e 4.000 consortili, entro il 2030: sono i cosiddetti laghetti ad uso multifunzionale, compatibili con l’ambiente ed in sintonia con le comunità locali. Costituirebbero una riserva d’acqua per i momenti di necessità agricola ma, alla bisogna, anche potabile; oltre a ciò, potrebbero essere coperti con pannelli fotovoltaici galleggianti fino al 30% della superficie, ma fungerebbero anche da polo di “wellness” sociale ed area di interesse naturalistico con evidenti vantaggi per il turismo locale. Ad oggi sono pronti 223 progetti definitivi ed esecutivi, cioè pressoché cantierabili, lungo tutta la Penisola; sono in attesa di finanziamento, ma non rimaniamo immobili: recentemente abbiamo inaugurato in Lombardia la prima trasformazione di un’ex cava in invaso per la raccolta delle acque. Come sempre infatti, prima di realizzare il nuovo, privilegiamo il recupero dell’esistente in una logica di sostenibilità: la capacità complessiva dei bacini esistenti in Italia è ridotta del 10% a causa del progressivo interrimento del fondale.
D) Tutti i dati a disposizione concordano nel dire che l'Italia è un Paese a fortissimo rischio idrogeologico. Da dove secondo lei occorre partire per affrontare il tema nel giusto verso?
R) Il primo aspetto è culturale: è necessario assumere una diffusa consapevolezza dell’alto rischio idrogeologico di un Paese come l’Italia, dove il 94% dei comuni è toccato dal pericolo di frane o alluvioni ed il 30% del territorio di pianura è mantenuto salubre e vivibile solo grazie alla costante azione di oltre 800 centrali idrovore. Ebbene questa realtà, gestita dai Consorzi di bonifica così come i circa 220.000 chilometri della rete idraulica minore, è ormai inadeguata di fronte ad eventi meteo sempre più localizzati nel tempo e nello spazio con un’accentuazione della loro violenza in conseguenza ai cambiamenti climatici. A ciò si devono aggiungere due ulteriori fenomeni: l’irrefrenabile consumo e cementificazione del territorio, che tocca i 2 metri quadri al secondo con la conseguente riduzione della capacità di assorbimento del suolo; e il progressivo abbandono dei territori alti, dalla cui manutenzione dipende anche la sicurezza delle comunità a valle. In questo quadro, gli interventi immediatamente cantierabili sono quelli previsti dal nostro piano di efficientamento della Rete Idraulica del Paese: 858 progetti per un investimento di quasi 4 miliardi e 440 milioni di euro, capaci di attivare oltre 21.000 posti di lavoro.
D) Sono sufficienti le risorse previste nel Pnrr?
R) Assolutamente no, sia per i soli 880 milioni destinati al settore idraulico, sia per il vincolo di destinare tali risorse al miglioramento di opere esistenti, escludendo la realizzazione di nuove.
D) I Consorzi di bonifica sono in trincea per affrontare frane e alluvioni. Ma in che misura l'aumento dei costi energetici ha condizionato il vostro contributo? E cosa chiedete alla politica?
R) I bilanci dei Consorzi di bonifica sono stati messi a dura prova dal contemporaneo aumento dei costi e dei consumi d’energia, dovuti alle eccezionali condizioni climatiche dei mesi scorsi. Per legge, gli enti consorziali non possono chiudere i bilanci in passivo e, quindi, i maggiori oneri si riversano sugli oneri a carico dei consorziati. Alla politica da tempo chiediamo che, considerato l’interesse pubblico della prevenzione idrogeologica, ci venga riconosciuto un prezzo agevolato per l’energia elettrica, quantomeno sgravato dall’Iva. Vorremmo poi utilizzare completamente l’energia rinnovabile, prodotta dai nostri impianti idroelettrici e fotovoltaici; invece, la gran parte dobbiamo metterla in rete per poi riacquistarla ad un prezzo maggiorato. Come usiamo dire: è come se ai vigili del fuoco facessero pagare l’acqua per spegnere gli incendi...
Giampiero Guadagni

( 24 febbraio 2023 )

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