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Mostre

Quando l’arte nasce dall’estro e dal caso

di DUCCIO TROMBADORI

Lampi del pensiero, peripezie della retina, interruzioni peristaltiche della scelta visiva che lumeggia arabeschi, ghirlande e pennacchi in un gran teatro ben costruito sullo scenario infinitesimale dello sguardo in movimento. E’ il risultato dello scatto che impagina le immagini eccellenti ritratte dal vero grazie alla presa diretta fotografica messa in opera da Alberto Airola (esposizione dal 15 ottobre a Roma nelle sale dell’editore Gangemi in Via Giulia).

C’è un elemento prensile, un fattore creativo, nella ricettiva passività della visione.

E Alberto Airola ne sa qualcosa, appassionato com’è al suo prescelto dormiveglia di eliotiana memoria (“after dinner sleep”) che gli consente di sognare ad occhi aperti e sorprendere in dettaglio i lembi marginali e pure così significativi dell’ immersione nei fragori e rumori del mondo contemporaneo.

Siamo tutti precipitati nel regno omologante dei cosiddetti “non luoghi”, l’ indifferente indugiare dello spazio contemporaneo, tra stazioni ferroviarie, incroci stradali, scale mobili, porti di mare e centri commerciali, tutti ricettori del flusso vitale, del comportamento canalizzato dalle uniformi destinazioni di consumo, e allusive di un comune, inesorabile destino.

In questo tracciato espressivo libero, non preordinato, e così fruttifero di risultati figurativi, Alberto Airola è capitato per via di un concordante ordinamento astrale che ha composto la duplice versione della sua personalità, contesa tra ragione civile e sentimento, in una sintesi estetica rigorosamente ricavata dall’ osservazione sintomatica del vero.

Grazie al beneficio di questo combinato passionale-razionale, ecco allora comparire dinanzi a noi i lembi di un paesaggio stralciato con cura e a regola d’arte, ricavato al primo colpo d’occhio, che ci appare così ben modellato e cromaticamente plasmato come se l’ avessero passato “au four de l’ émailleur” (direbbe Gautier, il poeta de “l’ art pour l’art”).

La grazia implicita nelle cromìe fissate dalla camera ottica si sposa con le disarmonie di una visione in movimento, ottenuta con assi sfasati, letture di paesaggio urbano improvvisato, volutamente incastonato sul momento, senza il minimo ripensamento o ritocco.

Airola ci tiene a sottolineare che le sue foto non sono artefatte e che il caso ha molto giocato nella loro confezione. L’ istantanea e la simultaneità visiva risentono a tal punto del valore aggiunto della dimensione estemporanea che le immagini vibrano come se contenessero anche la loro realtà vitale originaria.

Si susseguono nella teoria visiva lembi di massicciate, rotaie ferroviarie, lamiere

di tettoie, intersezioni pendenti di isolati periferici catturati obliquamente rispetto all’asse visivo; e circolano variazioni di tono e luce, nel profilo ondulato di edifici e strutture industriali, col passaggio notturno di autovetture tra fari, nebbie e lampioni; non mancano le nebbie del porto coi battelli all’attracco, strutture industriali e arcate contro luce, una indiscriminata filatura di antenne, cavi elettrici, semafori e tralicci, tubi catodici che si espongono a diversi tramonti metropolitani, a fari abbaglianti nella notte, ai transiti anonimi soggetti alle alterne vicende della velocità motorizzata.

Il panorama fiorito dal dialogo corto che Alberto Airola ha stabilito fra il suo sguardo e il mondo (ancora, secondo Eliot: “…non sei né giovane né vecchio, ma è come se dormissi dopo pranzo, sognando di entrambe queste età…”) si carica di un particolare esotismo d’immagine: l’ autore stesso scopre sorpreso il risultato del suo casuale elaborato visivo, se ne meraviglia e se ne compiace.

C’ è un elemento di catarsi e di rinnovo spirituale in questo abbandono quasi inavvertito ai benefici cromatismi ed agli effetti fotografici catturati in modo rabdomantico dal cellulare: c’è l’abban dono psichico, il distacco dai vincoli dell’ ordine intellettuale, quella certa perdita dell’ Io (la “dépense” avrebbe detto Georges Bataille) che si identifica con l’ autentico ritrovamento di sé stessi in un diffuso e totale riconoscimento del principio di piacere.

La fotografia estemporanea, la fortuna delle immagini nate dall’ estro e dal caso, diventa occasione estetica e al tempo stesso è motivo di virtuosa corrispondenza interiore, se lo stesso autore ha deciso finalmente di intitolare “Uscita di scurezza” la serie delle sue attraenti e persuasive opere.

Il titolo, che riecheggia il traumatico passaggio di Ignazio Silone aldilà della sua esperienza comunista, non vuol essere tanto o soltanto una fuga dal mondo della razionalità e dell’ordine civile, quanto un modo di spostare il punto di vista, di vedere le cose del mondo come Astolfo quando giunse sulla Luna per recuperare il senno perso da Orlando per amore. Si sa come andò a finire: Astolfo trovò sull’astro un monte dov’è accumulato tutto il senno perso dagli uomini, ed oltre a quello di Orlando vi riconobbe anche il suo, con tutte le sue esperienze perdute.

L’ albero fiorito delle immagini affidate al caso e incastonate dall’occhio di Alberto Airola sono anche un messaggio sul valore morale dell’ esperienza estetica, quale “uscita di sicurezza” che trasforma il nostro tenore di vita spirituale, e ci invita ad un viaggio che una volta effettuato non ci fa essere più la stessa cosa di prima.

( 19 settembre 2022 )

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