Venerdì 26 aprile 2024, ore 18:00

Il rapporto

Banche, per la Bce sono ancora troppe

di Carlo D'Onofrio

Il consolidamento del sistema bancario europeo è a buon punto ma si può, anzi, si deve fare di più. Parola di Bce che, in un rapporto sulle banche del Vecchio Continente di cui sono stati diffusi i dati preliminari (per i definitivi bisognerà attendere luglio), ha passato ai raggi X l’andamento del settore nel 2018. Il verdetto è che, nonostante una riduzione rilevante sia in termini di filiali che di occupati, l’Europa resta ”overbanked”. Significa che a giudizio di Francoforte la presenza degli istituti di credito è ancora eccessiva, così come il peso della forza lavoro, che spinge in alto i costi rispetto ai ricavi.

Nell’insieme dell’Eurozona il 2018 si è chiuso con ottomila sportelli in meno (- 7,5%) ed un calo del 2,3% dei posti di lavoro. I dati riflettono tuttavia una realtà assai disomogenea. Se è vero che la tendenza di fondo è per tutti i paesi la stessa, il ritmo a cui essa avanza presenta differenze significative. In Francia, ad esempio, il calo del numero delle filiali è marginale (poche centinaia); addirittura si registra un esiguo aumento degli occupati. La Germania si è impegnata di più nell’opera di disboscamento, con un taglio rispettivamente del 7 e del 13%, il più drastico tra le grandi economie dell’Eurozona. E l’Italia? Da noi le ristrutturazioni che hanno scandito gli ultimi quattro anni si sono tradotte in un salasso: 25mila posti di lavoro persi (nel solo 2018 ha chiuso i battenti il 7% degli sportelli). Un contributo pesante al bilancio fortemente passivo dell’area euro, che nello stesso periodo di tempo ha visto la base occupazionale del settore bancario restringersi di 167mila addetti (dei quali ben 85mila in Germania).

I dati della Bce non rappresentano certo una sorpresa. La First, il sindacato dei bancari della Cisl, ha da poco diffuso uno studio secondo cui nel primo trimestre di quest’anno le prime cinque banche italiane hanno bruciato 2.850 posti di lavoro e 187 sportelli. Di contro gli utili sono lievitati a 2,7 miliardi di euro dai 2,3 miliardi dell’ultimo trimestre del 2018. Sono numeri di cui non si potrà non tenere conto nella trattativa per il rinnovo del contratto nazionale, che riprende il 12 giugno dopo la lunga serie di assemblee tenute in tutta Italia dai sindacati per presentare ai lavoratori la loro piattaforma (approvata con il 99% dei voti).

La sfida per le sigle di categoria è di indurre l’Abi a modificare la rotta seguita negli ultimi anni, a cominciare dai salari. La richiesta è di 200 euro di aumento (6,5%) al livello medio, risultato del recupero dell’inflazione (4,1%), dell’incremento della produttività (2%) e del riconoscimento dell’impegno in termini operativi e professionali dei lavoratori (0,4%). In questa chiave va letta anche la richiesta di abolire il salario di ingresso dei giovani. Per rafforzare le garanzie i sindacati puntano anche ad ampliare l’area contrattuale ed a puntellare il Foc, il Fondo per l’occupazione, che dalla sua istituzione del 2012 ha contribuito a stabilizzare e assumere 20mila bancari.

( Articolo integrale domani su Conquiste Tabloid)

( 5 giugno 2019 )

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