Venerdì 26 aprile 2024, ore 13:00

Mezzogiorno

Il decreto per il Sud ottiene il via libera del Senato

Il decreto per il Sud ottine il via libera del Senato. l testo, che scade il prossimo 19 agosto, passa ora all’esame di Montecitorio. LI'insidia forse c'era,come aveva in fondo aveva previsto lo stesso ministro Claudio De Vincenti. Non di natura ostruzionistica o sulla credibilità in sé del provvedimento, ancorché infarcito di misure che con il testo originario hanno ben poco a che vedere: ma è un dato che ieri sera la discussione in Aula al Senato sul decreto Mezzogiorno non si è conclusa, imponendo un rush finale stamane e, quasi certamente, anche il voto di fiducia sul maxiemendamento del governo per evitare ulteriori lungaggini.

La novità emersa dal lavoro in Commissione è legata a Flixbus, la piattaforma online di viaggi in autobus, che è di nuovo in pista dopo lo stop a sorpresa arrivato durante l'approvazione della manovra correttiva. Modificando a sua volta il Milleproroghe, la "manovrina" aveva stabilito il divieto per i raggruppamenti di impresa la cui capogruppo non abbia come attività principale il trasporto di ottenere l'autorizzazione ad operare.

Intanto arrivano dati non confortanti dall'Istat: il Pil pro capite delle regioni del Nord-ovest registra un valore quasi doppio rispetto a quello delle regioni del Mezzogiorno (33,4 mila euro contro 17,8 mila). Lo ha affermato il presidente dell’Istituto di statistica, Giorgio Alleva in un’audizione alla Camera su disuguaglianze, distribuzione delle ricchezza e delle risorse finanziarie. Il Pil per abitante (ovvero quella misura che sintetizza la capacità di ciascun territorio di produrre reddito per unità di popolazione) nella ripartizione del Mezzogiorno risulta inferiore di circa un terzo (34,2%) rispetto a quello medio italiano. I differenziali tra nord e sud risultano ancora più ampi se si prendono in esame le singole regioni, sebbene la linea di divisione tra il Meridione e le restanti aree del Centro-nord costituisca comunque il fattore distintivo più importante.

La regione con il Pil pro capite più elevato è la Provincia di Bolzano/Bozen, oltre i 40 mila euro (41,1mila euro), mentre la più svantaggiata è la Calabria con 16mila euro.

In Italia nel 2015 "circa un residente su cinque (19,9%) è a rischio di povertà": è quanto ha detto il presidente dell’

Istat Giorgio Alleva sempre nell’audizione alla Camera su disuguaglianze, distribuzione delle ricchezza e delle risorse finanziarie. Il responsabile dell’Istituto di Statistica ha precisato che tali persone vivono in famiglie che nel 2014 avevano un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. "Il rischio di povertà - ha proseguito - è cresciuto di poco durante gli anni della crisi, un indizio del fatto che il periodo di involuzione economica potrebbe aver colpito in modo uniforme ricchi e poveri". Se si valuta più ampiamente il problema, tenendo conto cioè anche del fattore esclusione sociale, l’essere residenti nel Mezzogiorno espone a un rischio maggiore. La maglia nera va alla Sicilia, con più della metà della popolazione (55,4%) che vive in famiglie a rischio povertà o esclusione, viceversa, i valori più contenuti, intorno al 15 per cento, si rilevano nella provincia autonoma di Bolzano (13,7%).

L’indicatore sintetico di rischio di povertà ed esclusione sociale, ha ricordato Alleva, oltre alle difficoltà reddituali delle famiglie, tiene conto anche della bassa intensità lavorativa (famiglie con componenti in età lavorativa tra i 18 e i 59 anni che lavorano meno di un quinto del tempo) e della deprivazione materiale, ossia dell’ impossibilità di sostenere gran parte delle spese per determinati beni o servizi. L’indicatore mostra come l’essere residenti al Mezzogiorno esponga a un rischio maggiore lungo tutte le dimensioni della vulnerabilità: in Sicilia più della metà della popolazione (55,4%) vive in famiglie a rischio di povertà o esclusione, e in Puglia e Campania si supera il 45 per cento (rispettivamente 47,8% e 46,1%). Viceversa, valori più contenuti, intorno al 15 per cento, si rilevano nella provincia autonoma di Bolzano (13,7%), in Friuli-Venezia Giulia (14,5%) ed Emilia-Romagna (15,4%). Nell’arco temporale dal 2008 al 2015, in un quadro nazionale che ha visto il valore dell’indicatore passare dal 25,5 al 28,7 per cento, un peggioramento significativo, ovvero una più ampia diffusione di fenomeni di disagio, si è manifestato in Umbria e Puglia, dove l’indicatore è aumentato di oltre 10 punti percentuali (rispettivamente +10,7 e +10,6 punti), e nella Provincia autonoma di Trento e in Sicilia, dove l’incremento è stato di 7 punti percentuali (rispettivamente +7,5 e +7,2 punti). In particolare, ha spiegato ancora il presidente dell’ Istat, il dato dell’Umbria è conseguenza delle difficoltà economiche iniziate nell’anno 2008, che hanno colpito diversi settori produttivi strategici dell’area

( 26 luglio 2017 )

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