Venerdì 26 aprile 2024, ore 15:56

Istat 

L'inflazione rialza la testa 

L'Istat lima lievemente il dato dell'inflazione di aprile all'8,2%, rispetto l'8,3% della stima iniziale, con un incremento dello 0,4% su base mensile. A marzo, l'inflazione era al 7,6%. L'accelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, all’aumento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,6%) e, in misura minore, a quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,3% a +6,9%) e dei Servizi vari (da +2,5% a +2,9%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,3% a +6,2%. Il dato sull’inflazione relativo al carrello della spesa ad aprile scende a +11,6%.
Per il leader della Cisl Sbarra è ”preoccupante la nuova accelerazione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati. Serve un accordo governo-parti sociali per controllare prezzi e tariffe, bloccare e sanzionare la speculazione, tassare gli extra profitti, adeguare salari e pensioni all’inflazione”.
Continuano nel frattempo le audizioni in commissione al Senato sul decreto lavoro approvato il primo maggio dal Consiglio dei ministri. La Cisl è favorevole al rinvio alla contrattazione delle causali per i contratti a termine 12-24 mesi. Ma, sottolinea il segretario confederale Romani, resta ancora un eccesso di contratti di breve durata mentre serve un intervento più severo anche facendoli costare di più e destinando le risorse derivanti da un maggior onere ad un fondo per le pensioni dei giovani in discontinuità lavorativa. Anche i voucher, sebbene pienamente tracciabili e a condizioni più rigorose di un tempo, restano disincentivanti rispetto ai contratti standard. Quanto al taglio del cuneo fiscale, il sindacato di Via Po ”si esprime con favore sulla decisione di mettere quasi tutte le risorse possibili sulla decontribuzione”, anche se occorre ”introdurre un meccanismo di decalage per la soglia sui redditi pari a 35 mila euro” che rischiano, con un effetto paradosso, di vedersi ridurre i salari. ”Qualunque eventuale tranche di aumento contrattuale, basterebbero incrementi del 2-3%, che si aggiungessero al taglio del cuneo contributivo genererebbe per questi salari, che rappresentano la media del salario del Paese, una diminuzione del reddito”. L'assegno d'inclusione che dal primo gennaio sostituirà il reddito di cittadinanza "prevede una misura categoriale, abbandonando il principio del reddito minimo, destinata a quelle famiglie in povertà nelle quali siano presenti minori, disabili o persone con età pari almeno a 60 anni. Le prime stime dimezzerebbero la platea rispetto al reddito di cittadinanza”. Per la Cisl, dunque, ”questo passaggio necessita di un'attenta riflessione prima di essere attuato”. Così come ”solleva qualche perplessità la riduzione delle risorse destinate per il contrasto alla povertà, che, tenendo conto dell'effettivo take-up delle nuove misure introdotte, potrebbe anche risultare più ingente di quella indicata”. La Cisl, inoltre, valuta positivamente l'estensione al 2023 della soglia di esenzione a 3 mila euro dei fringe benefit e delle somme erogate ai lavoratori per le utenze domestiche, pur ritenendo opportuno rendere strutturale il beneficio. Infatti, ”gli interventi per proroghe successive incidono negativamente sulla stabilità della normativa e sulle decisioni delle imprese e dei lavoratori”. L'esponente della Cisl ha aggiunto che ”non ci soddisfa il semplice rimando a un'informativa al sindacato, mentre riterremmo più opportuno rendere necessario un vero e proprio coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, aziendali o territoriali, per la sottoscrizione di un accordo. Riteniamo inoltre fortemente discutibile la delimitazione della platea dei beneficiari, circoscritta a coloro che hanno figli a carico. Ci pare che la norma, introducendo differenze tra lavoratori in base alla presenza di figli nel loro nucleo familiare, sia incoerente con la finalità di incentivare una diffusa crescita salariale anche a contrasto dell'inflazione e a sostegno della produttività e della contrattazione decentrata”.
Per il segretario generale della Cgil Landini il dl lavoro ”non risponde alle esigenze che il mondo del lavoro ha espresso in questi mesi. Insieme a norme che peggioreranno le condizioni economiche e normative delle fasce più deboli, a partire da chi è in povertà assoluta, ritroviamo delle risposte parziali alle nostre piattaforme unitarie, a partire da quella sul fisco. Infatti, si reputa assolutamente insufficiente l'intervento una tantum sul taglio del cuneo, alla luce del forte impatto che l'inflazione sta provocando sul lavoro dipendente. Soprattutto se lo si contrappone all'incremento dei salari”. Per queste ragioni ”si ritengono necessarie delle modifiche volte da una parte a rendere strutturali alcune misure, dall’altra a cambiare radicalmente le misure sulla precarietà e sulla povertà”.
Da parte sua la segretaria confederale della Ui Veronese ha osservato che ”il dl lavoro interviene utilmente raccogliendo le proposte avanzate dai sindacati tagliando il cuneo fiscale fino al 31 dicembre 2023”. Tuttavia, l'intervento previsto ”non è strutturale e per questo chiediamo al Governo e al Parlamento di farlo diventare permanente”. Il provvedimento ”cerca di tamponare alcune criticità, ma che ne solleva di nuove: nello smontare il reddito di cittadinanza rischia di creare nuovi poveri, precari, inattivi”. La Uil lamenta poi ”un'ulteriore apertura ai voucher e nell'ennesima modifica sul contratto a tempo determinato che rende, di fatto, libero il datore di lavoro di assumere fino a 24 mesi senza causali”.
Giampiero Guadagni

( 16 maggio 2023 )

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