Le matite sono più importanti delle scarpe, scrive Ferruccio De Bortoli sul Corriere. Queste ultime, indossate da John Travolta, hanno suscitato polemiche infinite. “Brutta storia. Le matite invece sono passate inosservate. Eppure non invogliavano ad acquistare nessun prodotto, ma semplicemente a votare. Non i cantanti in gara, però. Le matite erano lì nella loro veste di simbolo della democrazia rappresentativa”. Passata in sordina nell’esplosione del gioco FantaSanremo (2,6 milioni di iscritti) l’iniziativa spontanea e laterale al Festival ha attratto un buon flusso di pubblicità. “E tra queste, rappresentata dalla matita con la quale si vota, persino del Parlamento europeo che ha voluto investire nella parte di spettacolo che va sui social network, e su un gioco che ha spopolato tra il pubblico dei più giovani. Eppure quella pubblicità è passata inosservata, risibile per l’impatto mediatico rispetto alle scarpe del boomer Travolta”. I politici temono l’incubo dei seggi vuoti. La grande paura di giugno, quando si eleggeranno 720 componenti (15 in più) dell’assemblea di Strasburgo, è che vada alle urne meno del 50% degli aventi diritto. La maggioranza degli europei mostrerebbe di disinteressarsi del destino dell’Unione. Ma bisognerebbe interrogarsi sulle motivazioni piuttosto che inquadrare matite in regia. L’idea di ingaggiare star, dai cantanti ai calciatori, è ormai stantia. Non saranno Mahmood o Ghali a coprire la polvere di un’Europa percepita senz’anima. Le elezioni europee in programma dal 6 al 9 giugno del 2024 si prospettano come le più importanti nella storia dell’Unione europea anche a fronte del mutato contesto geopolitico che vede il voto che si terrà il prossimo anno come cruciale per il futuro dell’Europa. E la sua riforma istituzionale ne costituirà lo scontro, tra modello confederale e modello federale. Il tema al centro della campagna elettorale per le elezioni europee del 2024 è il futuro assetto istituzionale dell’Unione europea. La vera posta in gioco è questa, il resto sono chiacchiere e propaganda. Limitarsi a chiedere gli “Stati Uniti d’Europa” senza comprenderne la portata rischia di essere un errore, dato che l’Europa non sarà come gli Usa. L’America nasce con un federalismo forte, e anche dopo 200 anni di spinte all’accentramento le libertà locali restano il più forte baluardo contro il potere di Washington. In America uno stato, una contea o addirittura una città hanno poteri che i nostri paesi già non hanno più. Washington dà indicazioni, Bruxelles ordina. E la fiducia degli americani nel governo centrale non sarà mai così bassa come quella degli europei in Bruxelles. L’Unione europea è “allo sbando”, per utilizzare l’espressione utilizzata da un europeista al di sopra di ogni sospetto come Romano Prodi, ma nessuno lo dichiara apertamente perché significherebbe ammettere un fallimento. Allora si preferisce fare bla bla su come affrontare le sfide future, eccetera eccetera. Luca Lanzalaco, professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata, spiega come l’annuncio di Mario Draghi a Roma presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola dello Stato Europeo rappresenti una “prospettiva, tanto allarmante quanto realistica per tre motivi”. Primo - sostiene Draghi - “il modello di crescita si è dissolto e bisogna reinventarsi un modo di crescere ma per fare questo occorre diventare Stato”, quindi occorre costituire in tempi relativamente rapidi gli Stati Uniti d’Europa. Secondo punto, Mario Draghi avrà la possibilità di imprimere una spinta propulsiva in questa direzione se, come alcuni prevedono, sarà il prossimo Presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo. Terzo punto, il più importante, il Parlamento europeo il 22 novembre 2023 - prosegue Lanzalaco - ha approvato a maggioranza risicata, e non ampia come trionfalmente affermato dal comunicato stampa, una risoluzione contenente delle proposte di riforma dei Trattati europei che si muovono esattamente in tal senso. Cioè, verso il rafforzamento dei vertici apicali dell’Unione europea a scapito degli Stati nazionali. La cessione di sovranità tuttavia - spiega il professore - va interpretata leggendo i pilastri della riforma. Tre sarebbero le novità: un sistema bicamerale; una Commissione europea rinominata Esecutivo europeo con non più di 15 membri, scelti tra i cittadini degli Stati membri sulla base di un sistema di rotazione rigorosamente paritaria, che dovrebbero governare, dopo l’allargamento, circa 400 milioni di individui che vivono in Stati con lingue, religioni, tradizioni storiche e culturali, modelli economici, valute (non tutti gli Stati membri rientrano necessariamente nell’Eurozona), sistemi sociali, interessi e valori profondamente differenti e, talvolta, divergenti e contrastanti. La terza innovazione è consequenziale alla seconda: il Presidente della Commissione, ovvero dell’Esecutivo, verrebbe ridenominato Presidente dell’Unione europea. Cosa comportano tali modifiche istituzionali? Lanzalaco spiega che all’Unione verrebbero attribuite competenze esclusive, che annullano cioè la sovranità degli stati nazionali, “per l’ambiente e la biodiversità e per i negoziati sui cambiamenti climatici”. Per quanto riguarda, invece, le competenze concorrenti ne verrebbero istituite di nuove “in materia di sanità pubblica e di tutela e promozione della salute umana, soprattutto in caso di minacce sanitarie transfrontaliere, nonché in materia di protezione civile, industria e istruzione. E verrebbero ulteriormente rafforzate le competenze concorrenti dell’Unione “nei settori dell’energia, degli affari esteri, della sicurezza esterna e della difesa, della politica in materia di frontiere esterne nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nonché delle infrastrutture transfrontaliere”. Il passaggio critico è costituito proprio da questo ulteriore rafforzamento delle competenze concorrenti per tre ordini di motivi. In primo luogo, perché le competenze concorrenti sono di fatto delle competenze esclusive camuffate dato che gli Stati membri possono adottare atti giuridicamente vincolanti soltanto se l’Ue non ha esercitato la sua competenza o ha esplicitamente cessato di farlo. Secondo punto, “sappiamo per esperienza recente (gestione della crisi finanziaria e Pnrr), che l’Unione europea e, in particolare, la Commissione fanno un uso invasivo e ricattatorio della condizionalità politica riducendo drasticamente, se non annullando, i margini di autonomia degli Stati e dei loro governi democraticamente eletti. Le competenze concorrenti possono tradursi rapidamente e facilmente in competenze esclusive. Il terzo punto è ancora più rilevante e merita un approfondimento. Tra i settori in cui è previsto un ulteriore rafforzamento delle competenze dell’Unione europea compaiono la sicurezza esterna e la difesa, temi che Mario Draghi ha recentemente introdotto nell’agenda europea e che sono stati oggetto di recentissimi provvedimenti del governo italiano. Ciò significa che l’Unione europea acquisirebbe, qualora questa proposta di riforma fosse approvata, il potere di coinvolgere in conflitti bellici i popoli degli Stati membri. Ciò è confermato dal fatto che nella risoluzione del Parlamento europeo si “chiede l’istituzione di un’Unione della difesa che comprenda unità militari e una capacità di dispiegamento rapido permanente, sotto il comando operativo dell’Unione”. Insomma, l’Unione europea che, secondo il Manifesto di Ventotene, avrebbe dovuto garantire la convivenza pacifica tra i popoli, si prepara a fare la guerra.
Raffaella Vitulano