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Ue, la libera circolazione dei lavoratori resta una corsa a ostacoli

di Pierpaolo Arzilla

Libera circolazione, si fa per dire. E’ ormai diventata una prassi quella degli Stati membri che, proprio in violazione della libera circolazione dei lavoratori, procedono all’espulsione di cittadini europei poco dopo la scadenza del loro contratto di lavoro. Lo dice una risoluzione approvata dal Parlamento europeo. La “viva preoccupazione” espressa dai deputati Ue fa il paio con la necessità che gli Stati membri, in osservanza del principio di sussidiarietà, eliminino “eventuali pratiche discriminatorie e ostacoli inutili dalle proprie normative applicabili ai cittadini dell'Ue e ai loro familiari, compresi i familiari che non sono cittadini europei, affinché beneficino del diritto di ingresso e di soggiorno nei loro territori nonché dei loro diritti sociali, rendendo al contempo la loro amministrazione più efficiente al fine di agevolare la mobilità del lavoro nell’Unione europea”.

La risoluzione critica il mancato cumulo dei diritti di sicurezza sociale, che crea ostacoli per i residenti Ue, invita gli Stati membri ad attuare i regolamenti sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e sulle modalità di applicazione del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, “per garantire la portabilità delle prestazioni di sicurezza sociale (ad esempio pensioni pubbliche, assicurazione malattia, indennità di disoccupazione e assegni familiari) e quindi di ridurre gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori nell’Ue”, e chiede misure efficaci “verso un sistema coordinato di cumulo dei contributi e delle prestazioni sociali per ogni persona a livello Ue, come ad esempio una carta di sicurezza sociale volta a facilitare la tracciabilità dei contributi e dei diritti di sicurezza sociale”. Il provvedimento deplora anche l'esclusione dei cittadini europei dal sistema sanitario pubblico nazionale di un altro Stato membro, in quanto diritto definito nella direttiva sull'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, nel regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

La crisi economica e le misure per combatterla, si sottolinea, “hanno aumentato le disparità socioeconomiche e il volume delle migrazioni economiche all'interno dell’Ue”, e questo necessita “misure di coordinamento specifiche sia dallo Stato membro d'origine e da quello ospitante, che dalle istituzioni Ue interessate”.

(Articolo completo domani su Conquiste Tabloid)

( 12 aprile 2017 )

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