Non avranno conquistato le stesse attenzioni da parte dei media europei delle proteste francesi dei gilet gialli, ma da giorni anche l’Ungheria di Viktor Orban è teatro di grandi manifestazioni di piazza. Ad accendere la miccia, in questo caso, è stata la riforma del codice del lavoro che mercoledì scorso ha ottenuto il via libera del parlamento. Il provvedimento, fortemente contestato dai sindacati e dai partiti d’opposizione, aumenta da 250 a 400 il numero massimo di ore di lavoro straordinario che le aziende possono richiedere ai lavoratori in un anno. Le modifiche, intese a compensare la crescente carenza di manodopera in Ungheria, danno anche ai datori di lavoro fino a tre anni invece di 12 mesi per regolare i pagamenti degli straordinari accumulati. Nei giorni scorsi anche il segretario generale IndustriAll, Valter Sanches, era intervenuto per chiedere al governo ungherese di agire in stretta conformità con le norme nazionali e internazionali in materia di lavoro, sottolineando come la competitività non dovrebbe basarsi sul deterioramento dei diritti dei lavoratori. Ma Orban è contestato anche per l'adozione di una mozione in Parlamento volta a introdurre dei tribunali alle dirette dipendenze dell'esecutivo. E stamane anche la Commissione europea ha espresso le proprie preoccupazioni, dopo che a settembre l'Europarlamento aveva adottato una risoluzione per avviare contro l'Ungheria la procedura prevista dall'articolo 7 del trattato per i paesi che violano in modo sistematico i diritti fondamentali. Ora sta al Consiglio Ue, dunque ai governi nazionali, decidere.