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Vertenze 

Ex Embraco: lavoratori torinesi ancora nel limbo 

La Ue prende tempo sul piano di rilancio e il sito torinese resta in stand by
Non c’è pace per i 400 lavoratori della Ex Embraco di Riva di Chieri, alle porte di Torino.
Dopo la svolta annunciata nello scorso settembre, con il varo di un nuovo piano industriale del Mise per la nascita di un polo nazionale per la produzione di compressori per frigoriferi, il rilancio del sito torinese è di nuovo in stallo. Un film già visto dai dipendenti ex Embraco che in pochi anni hanno assistito prima alla chiusura della fabbrica e poi al fallimento della nuova società Ventures, passando da una promessa all’altra, da una speranza all’altra, senza mai arrivare a nulla.
La Italcomp - la nuova società che dovrebbe nascere dall’unione della bellunese Acc e della ex Embraco, partecipata al 70 per cento dallo Stato e al 30% da soggetti privati, con un investimento complessivo di circa 50 milioni di euro (40 a Belluno e 10 a Torino) - non decolla e riemergono vecchi timori. Il piano industriale che prevede a regime la produzione di 6 milioni di pezzi all’anno entro il 2023, con il salvataggio di 700 posti di lavoro (400 a Chieri e 300 a Mel) è fermo perché non è ancora arrivato il via libera della Commissione europea sul piano di salvataggio del governo italiano.
I sindacati dei metalmeccanici torinesi hanno protestato in questi giorni per i continui rinvii di incontri già fissati con i prefetti di Torino e Belluno, Claudio Palomba e Sergio Bracco e la sottosegretaria allo Sviluppo Economico, Alessandra Todde.
“L’atteggiamento del Mise che continua a rinviare il confronto con i sindacati territoriali, – chiosa Arcangelo Montemarano, operatore della Fim Cisl Torino-Canavese - è irrispettoso verso i lavoratori, che a fine luglio termineranno gli ammortizzatori sociali”. Per questo le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno richiesto e ottenuto un incontro urgente con i funzionari del Mise che seguono il dossier. Nella riunione, che si è svolta in videoconferenza nella giornata di martedì, i sindacati hanno manifestato la forte preoccupazione sulla fattibilità del Polo industriale Italcomp, visti i continui "no" della Commissione europea sulla richiesta dello Stato italiano di poter dare la sua garanzia al prestito in favore dell'azienda bellunese ACC.
“Il ministero ci ha comunicato - hanno detto al termine dell’incontro Fim Fiom Uil nazionali - che è stata istruita la pratica per chiedere un prestito a Sace e che si stanno provando ad aprire linee di credito con banche del territorio bellunese. Abbiamo chiesto di fare il punto la prossima settimana per avere ritorni di queste due azioni”.
Si fanno intanto sempre più insistenti le voci che il mancato via libera dell’Europa al piano industriale italiano, configurabile come aiuto di stato soprattutto per l’azienda bellunese, sia da attribuire alle pressioni del governo austriaco nel cui territorio sarebbe attivo uno stabilimento che produce compressori e che non vedrebbe di buon occhio la concorrenza italiana a livello europeo.

( 27 gennaio 2021 )

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