Cgil e Uil sono convinte che con la legge approvata la partecipazione verrà svuotata e ridotta ad una concessione. Per il sindacato di Corso d’Italia ”si cancella la contrattazione e la si sostituisce con una logica di subordinazione delle relazioni nelle imprese”. Per Via Lucullo ”il ddl rappresenta un passo indietro rispetto agli obiettivi originari”.
La pensano così anche le opposizioni, con l'eccezione di Iv che parla di "passo avanti". Il Pd ha scelto l'astensione, accusando la maggioranza di aver la svuotato il provvedimento, ”stravolgendolo e rendendolo in gran parte inefficace, se non dannoso”.
Amarezza per l’astensione del Pd viene espressa dalla leader della Cisl: ”Non ce l'aspettavamo dal 'partito del lavoro', come lo definisce la segretaria Elly Schlein. Non è vero che il testo della nostra proposta sia stato in un qualche modo ridimensionato. E se davvero fosse stato così importante quel testo, e così condiviso dal Pd, non avrebbero dovuto presentare 33 emendamenti. C'è qualcosa che fa corto circuito, quindi”. Spiega Fumarola: ”La legge mantiene la sua fisionomia, restano integri i capisaldi originali, con il riconoscimento delle quattro forme di partecipazione: organizzativa, gestionale, economico-finanziaria e consultiva”. Nel dettaglio, specifica in una intervista ad Avvenire, ”si valorizza la contrattazione collettiva come leva fondamentale per accordi partecipativi costruiti dal basso, nei luoghi di lavoro, incoraggiati da incentivi economici alimentati da un Fondo dedicato alla partecipazione. La dotazione finanziaria della legge, che noi avevamo previsto di 50 milioni, è stata innalzata di 22 milioni. La legge si applicherà a tutte le aziende, anche quelle partecipate. Viene preservato il diritto soggettivo alla formazione per i lavoratori con il coinvolgimento forte degli enti bilaterali, dei fondi interprofessionali e del Fondo Nuove Competenze per diffondere la partecipazione nelle piccole e medie imprese. Davvero un grande risultato. È stata preservata l'ossatura tecnica e culturale della proposta originaria, ossia una soft law di sostegno alla contrattazione collettiva”. Afferma la numero uno di Via Po: ”Non si tratta quindi di cominciare ma di continuare a contrattare, estendendola, la partecipazione nelle aziende e in tutti i luoghi di lavoro, privati e pubblici, Abbiamo censito già oltre 150 accordi che si occupano di questa materia. Ora abbiamo a disposizione una legge per sostenerli economicamente e diffonderli”. Conclude Fumarola: ”La partecipazione economico-finanziaria è quella che incontra meno resistenze culturali da parte delle imprese e quando ben costruita, è vantaggiosa anche per i lavoratori. Bene che si diffonda, aumentando produttività e salari visto che siamo ancora lontani dai numeri europei. La partecipazione consultiva è la doverosa evoluzione di quella informativa, già regolata per legge. Per la prima volta però vengono definite nel nostro ordinamento anche le forme gestionali e organizzative. Siamo certi che le vedremo propagarsi, anche nelle piccole e piccolissime aziende, dove storicamente si fatica di più a fare innovazione”.
a legge sulla partecipazione attua finalmente l’articolo 46 della Costituzione, molto sostenuto da Alcide De Gasperi. ”Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Un testo che a sua volta era in qualche modo figlio della ”Rerum Novarum” di Leone XIII. Il 15 maggio del 1891, in un'Europa segnata dalle tensioni della rivoluzione industriale, Papa Pecci pubblicava quella che viene riconosciuta come la prima enciclica sociale, destinata a cambiare per sempre il rapporto tra Chiesa e società.
Leone XIII sollecita il superamento del conflitto tra capitale e lavoro. Scrive nella Rerum Novarum: ”Lo scandalo maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell'altra; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e i proletari per battagliare tra loro un duello implacabile; cosa tanto contraria alla ragione e alla verità. In vece è verissimo che, come nel corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano quell'armonico temperamento che si chiama simmetria, così la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi, e ne risultasse l'equilibrio. L'una ha bisogno assoluto dell'altra: né il capitale può stare senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale”.
Il concetto di partecipazione dei lavoratori alla responsabilità dell’impresa sarà sviluppato da Pio XII e ancor di più da Giovanni XXIII. Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes sarà ancora più esplicito: ”Nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, prendendo in considerazione le funzioni di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia operai - e salva la necessaria unità di direzione dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, la attiva partecipazione di tutti alla gestione dell'impresa”. E Giovanni Paolo II nella Laborem Exercens del 1981 incoraggia il progresso nella linea delle ”proposte riguardanti la comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delle imprese, il cosiddetto azionariato del lavoro, e simili”.
Insomma il solco tracciato da Leone XIII è stato arato dai suoi Successori. A oltre 130 anni di distanza, la Rerum Novarum torna con forza alla luce, anche per un'altra ragione: sul soglio di Pietro è salito Papa Leone XIV, il primo a scegliere quel nome dopo 122 anni. Il nuovo pontefice statunitense intende dunque raccogliere l'eredità del suo predecessore: un Papa che non ebbe paura di parlare di giustizia sociale, diritti dei lavoratori e dignità umana in un'epoca dominata da squilibri economici e conflitti ideologici. ”Papa Leone XIII - ha detto Papa Prevost spiegando le ragioni della scelta del nome Leone XIV - affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un'altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell'Intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”.
La "Rerum Novarum" fu un testo davvero pionieristico. Per la prima volta, la Chiesa prendeva posizione in modo diretto sulle condizioni delle masse operaie, condannando tanto il capitalismo selvaggio quanto il socialismo rivoluzionario. Leone XIII difendeva la proprietà privata, ma ne denunciava l'uso ingiusto e oppressivo; rivendicava per i lavoratori un salario giusto, il diritto al riposo, la libertà di organizzarsi in sindacati, e soprattutto il riconoscimento della loro dignità. Lo Stato, secondo l'enciclica di Leone XIII, ha il dovere di intervenire in favore del bene comune, senza cadere però nel controllo totalitario. È qui che nasce la dottrina sociale della Chiesa, sviluppata poi da tanti altri Papi, fino ai giorni nostri con "Laudato si'" e "Fratelli tutti" di Papa Francesco.
Giampiero Guadagni