Lunedì 23 giugno 2025, ore 21:34

Occupazione

Il lavoro cresce anche per le persone con disabilità

Il mercato del lavoro cresce da ormai tre anni e diventa più aperto all’inclusione dei disabili. Anche se il diritto al lavoro non è ancora garantito e restano forti discriminazioni. Nell’ultimo decennio la quota di persone con disabilità che cercano o hanno un'occupazione è passata dal 43,7% al 52,2%, grazie alla combinazione di politiche nazionali e regionali efficaci e di una cultura più inclusiva delle imprese. Il lavoro da fare, tuttavia, è ancora molto. L’ingresso al lavoro per questi cittadini resta ancora critico. Secondo i dati Istat (rielaborati in uno studio dei Consulenti del lavoro e di Anfass), su una popolazione di circa 3 milioni di persone con gravi disabilità solo il 33,5% (nella fascia d'età 15-64 anni) risulta occupata, contro il 60,2% delle persone senza limitazioni. Un dato ancora basso, anche se nel confronto internazionale l'Italia non sfigura. Anzi. Secondo Eurostat, infatti, siamo il Paese con il gap più basso d'Europa sul fronte delle disabilità non gravi: il tasso di disoccupazione italiano di chi ha disabilità non gravi è dell’11,8% contro una media Ue del 17,3%. 
Il diritto al lavoro delle persone con disabilità, sancito sia dalla nostra Costituzione che dalla Convenzione Onu sui diritti, resta comunque un miraggio anche nel nostro Paese. Lo è in particolare, secondo il report, per le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, frequentemente vittime di pregiudizi e stereotipi legati alle loro capacità. D’altronde, i dati dell’XI° Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della legge del 1999 per il diritto al lavoro dei disabili, sono allarmanti. La legge, la numero 68 del 1999, prevede il collocamento mirato delle persone con disabilità, attraverso un’occupazione compatibile con le loro capacità e necessità. La legge si applica a tutte le aziende pubbliche e private con almeno 15 dipendenti, che devono rispettare specifici obblighi di assunzione. Nel dettaglio, in quelle con più di 50 dipendenti almeno il 7% dei posti deve essere coperto da persone disabili, in quelle tra i 36 e i 50 vanno assunte almeno 2 persone disabili e tra i 15 e i 35 almeno una persona disabile.
La legge prevede anche sanzioni in caso di violazione: il mancato invio del prospetto informativo annuale è punito con multa da 702,43 euro più 34,02 euro per ogni giorno di ritardo; la mancata assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette costa 196,05 al giorno per ogni disabile non assunto. Gli introiti vanno versati al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili. 
Ovviamente, i controlli ispettivi sono scarsi e così l’effettiva applicazione della legge è affidata alla buona volontà delle singole aziende e alle iniziative intraprese dalle singole Regioni. Le verifiche su dichiarazioni rese dai datori di lavoro sono state solo 82.017 nel 2021 e 95mila nel 2022. Ancora più bassi i numeri delle sanzioni per mancata copertura della quota d’obbligo d’assunzione: 327 nel 2020, solo 141 nel 2021. 
Il rispetto delle leggi sul collocamento mirato è fondamentale anche per far fronte a situazioni di povertà che spesso sono associate alla disabilità. Va ricordato che la definizione di povertà include il disagio economico, ma anche il disagio abitativo, lavorativo e la mancanza di istruzione, relazioni e opportunità. La disabilità coinvolge spesso intere famiglie. Secondo uno studio della Fondazione Zancan sulle famiglie con disabilità, una su sei non riceve alcun supporto dalle istituzioni e una su quattro non può contare su una rete informale fatta di amici, parenti non conviventi o volontari. Oltre il 70% è privo di rete amicale di supporto e il 55% non partecipa ad associazioni di supporto alla disabilità; quote che aumentano dove si registra un basso livello educativo. 
Ilaria Storti

( 20 settembre 2024 )

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