In particolare, sull'insegnamento del Latino, introdotto come disciplina facoltativa nelle scuole medie, i giudici di Palazzo Spada criticano sia l'aspetto dell'equità educativa con il rischio di aumentare il divario tra studenti; sia questioni organizzative concrete: i docenti di lettere potrebbero non possedere i requisiti necessari per l'insegnamento del latino, mentre un docente della classe di concorso specifica potrebbe teoricamente insegnare in diciotto classi diverse. I giudici amministrativi osservano inoltre che alcune delle indicazioni formulate sollevano il dubbio sull'effettiva disponibilità di mezzi e risorse per conseguire egli obiettivi prefissi. La documentazione predisposta dal Ministero, secondo quanto si legge nel dispositivo, presenta poi lacune strutturali. L'analisi di impatto della regolamentazione risulta ”inadeguata sotto molteplici profili: mancano evidenze misurabili delle carenze delle attuali Indicazioni, non emergono le ragioni specifiche delle modifiche introdotte e risultano assenti indicatori quantitativi per misurare l'efficacia degli interventi proposti”. Per i giudici, la relazione illustrativa si limita a evocare genericamente i ”cambiamenti epocali” dell'ultimo decennio ”senza fornire una puntuale descrizione delle inadeguatezze normative riscontrate”. Il Consiglio di Stato chiede anche di tenere in maggiore conto il parere del Cspi, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, in particolare sulle osservazioni che aveva formulato sulla materia della storia ed evidenzia l'assenza di dati per la scuola dell'infanzia. Vengono infine rilevate imprecisioni formali, refusi e la necessità di una revisione linguistica sia dello schema di regolamento sia delle Indicazioni.
Le osservazioni del Consiglio di Stato, sottolinea la Cisl Scuola, ”non sono poche, né di poco conto”. Riguardano infatti ”la rispondenza del testo alla normativa europea con tratti di anacronismo, l'impegno finanziario, l'analisi di impatto, ovvero delle motivazioni che hanno reso necessario innovare le disposizioni previgenti; si evidenzia fra l'altro il mancato accoglimento di molte osservazioni del Cspi, rilevando inoltre una nutrita serie di imprecisioni formali nella stesura del testo”. Fin dall’inizio la Cisl Scuola ”aveva manifestato le proprie riserve e perplessità rispetto ad un'operazione di radicale riscrittura delle indicazioni vigenti, trascurandone i molti aspetti che le rendevano tuttora attuali e seguendo un percorso che anche per la ristrettezza dei tempi programmati non avrebbe consentito, come necessario, un ampio coinvolgimento del mondo della scuola nella definizione di un nuovo testo. Ciò nonostante, non si era sottratta dal formulare alla Commissione puntuali osservazioni e proposte, in parte accolte, mantenendo comunque forti riserve su aspetti che sono stati oggetto di rilievo anche da parte del Cspli (insegnamento della storia, scarsa apertura alla multiculturalità, reintroduzione del latino con modalità potenzialmente discriminatorie, tendenza alla prescrittività e altro) e che lo stesso parere del Consiglio di Stato sembra in qualche modo fare propri”. Pertanto ”occorre non limitarsi, da parte del Ministero, a correzioni formali rispetto alle osservazioni del Consiglio di Stato, ma riaprire da subito un confronto più ampio ed esteso che, a partire da una più attenta considerazione del parere espresso dal Cspi, punti a coinvolgere più direttamente di quanto sin qui avvenuto le istituzioni scolastiche, valorizzando il mondo della scuola e il prezioso patrimonio di competenza, esperienza e professionalità di cui dispone, risorsa fondamentale per ogni progetto che voglia essere di crescita e miglioramento e non di semplice cambiamento”.
”Il mancato parere del Consiglio di Stato rappresenta una sonora bocciatura delle Indicazioni Nazionali 2025 che, fin dalla prima bozza per il dibattito pubblico, abbiamo valutato come una pericolosa operazione di revisione della cultura democratica della scuola e del Paese”", è il parere della Flc Cgil. Anche la Uil Scuola rileva come le motivazioni della sospensione ”coincidono con quanto la Uil Scuola Rua aveva già espresso negli scorsi mesi”.
Giampiero Guadagni