Con la scomparsa di Vittorio Merloni, già presidente di Merloni Elettrodomestici, la multinazionale tascabile diventata Indesit Company e presidente di Confindustria dal 1980 al 1984, muore un’icona dell’imprenditoria italiana di successo che aveva portato la Merloni Elettrodomestici da realtà regionale di metà degli anni Ottanta a leader mondiale, con una serie di azzeccate acquisizioni: Indesit, Philco, Stinol, Hotpoint. Laureato in Economia e Commercio aveva mosso i primi passi nell’azienda del padre Aristide, il fondatore della dinastia degli elettrodomestici fabrianesi, insieme ai fratelli Francesco (ex parlamentare ed ex ministro) e Antonio. Ma nel 1975, dopo che le loro strade si erano separate, aveva spiccato il volo, fondando la sua Merloni Elettrodomestici, che successivamente era sbarcata in Borsa e poi all’estero. Il successo imprenditoriale lo aveva portato alla presidenza di Confindustria, dove era poi rimasto per anni nel direttivo e nella giunta, lanciando tra l’altro la candidatura di Emma Marcegaglia, primo presidente donna degli industriali italiani. Molti gli incarichi (Board of Directors of the Associates dell’Harvard Business School di Boston, Assonime, Board Internazionale del Consiglio per le Relazioni fra Italia e Stati Uniti, Telecom Italia, Endesa Italia), molte le onorificenze, tra cui la nomina a cavaliere del lavoro e quella inglese di "Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico", oltre al premio "Tarantelli".Company. Cordoglio del mondo politico, sindacale, imprenditoriale e istituzionale.
La Fim-Cisl Marche, (ad Ancona la storica sede dello stabilimento di Fabriano) si associa al dolore della famiglia per la scomparsa. "Una figura di spicco dell’economia italiana, che sulla falsariga del padre Aristide, ha dato lustro ad una terra dapprima mezzadrile, portandola poi ad essere una delle capitali mondiali dell’elettrodomestico bianco. Icona di una economia senza fratture - ricorda il segretario regionale di Fim Cisl Andrea Cocco. Un imprenditore decisamente avanti nei tempi - sottolinea Cocco - come la decisione di tenere separata l’azienda dalla famiglia, affidandone le chiavi dapprima a Francesco Caio, poi ad Andrea Guerra e a Marco Milani. Un imprenditore che lascia molti rimpianti nei suoi dipendenti, che lo hanno sempre considerato uno di loro, in quanto figura di una economia dal volto umano che forse oggi non c’è più. A volte un padre, un fratello - conclude Cocco -, piuttosto che il padrone sul quale poter contare nei momenti di difficoltà"