La storia dell’uomo è accompagnata da cose materiali che ne segnano ogni aspetto della vita: il gioco, il lavoro, la devozione, l’arte, l’abbiglia mento… Le umane esistenze passano, ma spesso le cose restano e si tramandano per generazioni. Un patrimonio di oggetti che hanno spesso un valore demo-etno-antropologico oltre che artistico. Una porzione di queste piccole, straordinarie cose, viene spesso dimenticata, abbandonata nei depositi museali e condannata all’oblio. A volte, tuttavia, gli oggetti del passato “ritornano”: i reperti dei depositi del Museo della Civiltà di Roma sono l’argo mento di una mostra davvero particolare dal titolo “Le fiabe sono vere... Storia popolare italiana” allestita dal 24 luglio fino al 1° marzo presso il Muciv-Museo delle Civiltà al Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari. Organizzata dalla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, curata da Massimo Osanna (Direttore Generale Musei) e Andrea Viliani (Direttore MUCIV), insieme a un’équipe multidisciplinare composta da funzionari della direzione Generale Musei, del MUCIV-Museo delle Civiltà e dell’ICPI-Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, la mostra è realizzata con la collaborazione di Cristiana Perrella, mentre il progetto di allestimento è di Formafantasma con la co-progettazione di Maria Rosaria Lo Muzio.
I suggestivi manufatti esposti raccontano storie legate alle tradizioni del territorio italiano (dalla Puglia, alla Sicilia, dal Piemonte e alla Sardegna) ma anche a quelle di Paesi lontani come la Papua Nuova Guinea. Il percorso proposto ha un filo conduttore che è costituito da una fiaba, un racconto scritto appositamente da Elena Zagaglia: il protagonista Elio accompagna il visitatore nelle sue avventure sospese tra l’immaginazione e la realtà alla scoperta delle dodici sezioni con oltre 500 oggetti esposti al pubblico.
“Le fiabe sono vere perché custodiscono archetipi e concetti universali che, prima dei miti e delle religioni, hanno dato risposte all'uomo sui grandi misteri della vita”, spiega Massimo Osanna. E la fiaba, ideata in questo contesto nell’ accezione simbolica con cui Italo Calvino la definiva nella prefazione all’anto logia Fiabe italiane (1956), è un modo per coinvolgere e stimolare l’immaginazione del pubblico senza alcuna barriera. Da una parte, infatti, il visitatore è invitato ad interagire proponendo ricordi, favole, oggetti come completamento e corollario alla mostra. Dall’altra, nessun limite fisico alla fruizione di una mostra inclusiva totalmente ideata secondo il concetto della Progettazione Universale. Tutti gli strumenti della mostra sono disponibili anche in Lingua dei Segni Italiana (LIS), Lingua dei Segni Americana (ASL), sistemi in Braille e guide in CAA(Comunicazione Alternativa Aumentativa). È presente un percorso tattile con oggetti originali, il tutto in un esperimento museologico globale in cui antropologia, design, pedagogia e tutela del patrimonio dialogano con i criteri della partecipazione pubblica e dell’ac cessibilità fisica, sensoriale, cognitiva, relazionale e anche simbolica; un progetto in collaborazione con enti, associazioni di riferimento e professionisti con e senza disabilità, coordinati da Miriam Mandosi. La mostra, spiega Massimo Osanna, “rappresenta una tappa significativa nel percorso che la Direzione generale Musei promuove da anni: una cultura dell’accessibilità intesa come responsabilità e metodo, vero e proprio principio fondante dell’azione museale. L’esposizione è, per questo, motivo di particolare orgoglio. Riassume e concretizza un approccio in cui l’inclusione è la chiave per progettare e raccontare i luoghi della cultura in modo nuovo, aperto e consapevole”.
Il materiale esposto è costituito da opere che richiamano le tradizioni popolari; i mestieri persi e dimenticati; la natura e la quotidianità del passato connessa con l’attualità. Il percorso è composto da macroaree tematiche: dalla selva al mare, dalla campagna al paese, dal gioco alla magia e al viaggio; un modo originale per provare a rintracciare le molteplici connessioni tra passato e presente. L’ingresso e la fine del percorso evocano la “piazza di un paese” che per tutta la durata della mostra verrà animata e trasformata in uno spazio di eventi dal vivo, un’area di co-progettazione per scuole, famiglie, comunità patrimoniali e realtà associative. Il percorso espositivo segue inoltre le trasformazioni avvenute fra XIX e XXI secolo in un’Italia rinnovata: da società agropastorale a società industriale e post-industriale. Una storia composta da cambiamenti, contaminazioni, migrazioni (sia interne che esterne al Paese). Tra gli oggetti- testimonianze sono esposti dipinti e disegni, abiti e maschere, amuleti ed ex voto, attrezzi agricoli e veicoli di trasporto, strumenti musicali, giocattoli, fotografie, stampe e filmati: memorie che evocano realtà dove sentimento e necessità, civiltà e natura, mito e quotidianità intrecciano l’indeter minato “c’era una volta” con le memorie materiali che costituiscono un patrimonio storico e culturale dell’intera comunità.