Lido di Venezia. Dal "Divo" del 2008 dedicato alla vita audace e grottesca di Andreotti al suo ultimo "La grazia" che apre questa ottantaduesimaMostra del cinema, Paolo Sorrentino ci riconduce nelle chiuse stanze del potere. Siamo addirittura al Quirinale, dove il "suo" Tony Servillo interpreta plasticamente un presidente della Repubblica, assalito da dubbi amletici: sull'amore e la fedeltà, sulla vita e il fine vita; eutanasia e diritti del condannato, amore e sensibilità. L'autore napoletano aggiunge poco alla sua rinomata estetica e alla voglia spasmodica di stupire (il Papa rasta, il corteo finale a seguito del robot A.I.). Sembra che la sua poetica serva da strumento per convincere lo spettatore che Lui può "osare" in territori che ad altri sembrerebbero preclusi. Resta certo un buon film. Nulla di più, secondo i canoni cui l'autore ci ha "educato" con la sua talvolta straordinaria cinematografia. II film racconta di un presidente della Repubblica che, giunto a fine mandato è alle prese con la richiesta di due grazie molto delicate e viene tormentato da dubbi e certezze giuridiche, essendo lui stesso autore di tomi imprescindibili in materia. E poi c'è quello che riguarda la fedeltà della moglie. Toni Servillo, protagonista di ben 8 film degli 11 diretti da Sorrentino. Le scene sembrano quasi essere sospese nel tempo e nello spazio, con il protagonista solo con se stesso, come lo era il Divo di qualche lustro fra. Certo sono storie "politiche" diverse, ma resta fulcro centrale la ricerca continua della verità, che a volte sembra a portata di mano ma che alla fine lascia sempre un dubbio.