"Vedo cose meravigliose”: è così che, il 26 novembre 1922, l’archeologo Howard Carter rispose a Lord George Herbert Carnarvon e a sua figlia Lady Evelyn, sbirciando da una fessura scavata nel muro all’interno della tomba del faraone Tutankhamun. In realtà non è sicuro che disse proprio queste parole, invece è certo che la scoperta dell’ultima dimora del “faraone bambino” ebbe un’importanza fondamentale nella storia dell’archeologia e una straordinaria risonanza internazionale, non solo fra gli studiosi, ma anche nell’opinione pubblica, fino a generare un’isteria collettiva che prese il nome di “Tutmania”. A questa vicenda è dedicato un interessante e documentatissimo libro di Christian Greco: “Alla ricerca di Tutankhamun” (Franco Cosimo Panini). Il direttore del Museo Egizio di Torino, egittologo di fama mondiale e divulgatore sopraffino, accompagna il lettore in un viaggio affascinante che comincia nell’Egitto di 3.370 anni fa, raccontando le fasi della scoperta (il prima, il durante e il dopo) e il suo impatto sull’immaginario del Novecento, approfondendo il contesto storico e le figure di Tutankhamun e di Carter, un disegnatore inglese, divenuto archeologo sul campo (non aveva titoli accademici e per questo venne trattato con diffidenza dalla comunità scientifica), anzi forse l’archeologo più famoso di ogni tempo. L’apertura della tomba di Tutankhamun – scrive Greco – rappresentò uno spartiacque: c’è un ‘prima’ della scoperta e un ‘dopo’. L’evento della sepoltura del giovane faraone ha provocato un’onda tellurica che ha investito passato, presente e futuro. Deflagrò innanzitutto in quel preciso momento storico, per poi espandersi nel tempo e raggiungere anche noi al giorno d’oggi. Lo studio della sepoltura nel suo insieme e dei singoli oggetti continua poi a fornirci nuove informazioni, anche sul passato: su quello remoto che li generò, ma anche sugli eventi storici più recenti, che hanno condotto a una delle scoperte archeologiche più importanti di sempre”